La democrazia dai Monti

The Goldman Sachs

Monti diventerà oggi, molto probabilmente, presidente del consiglio. La “sinistra” gioirà della dipartita del berlusca, ma con la faccia preoccupata di chi vuole “salvare il paese”.
Ma chi è Monti? È un noto esponente della finanza internazionale (così come Draghi: Goldman Sachs, Trilateral), e recentemente ha spiegato la sua “filosofia politica”, sul Corriere della Sera il 2 gennaio 2011:

“in Italia, data la maggiore influenza avuta dalla cultura marxista e la quasi assenza di una cultura liberale, si è protratta più a lungo, in una parte dell’opinione pubblica e della classe dirigente, la priorità data alla rivendicazione …ideale, su basi di istanze etiche, rispetto alla rivendicazione pragmatica, fondata su ciò che può essere ottenuto, anche con durezza ma in modo sostenibile, cioè nel vincolo della competitività. Questo arcaico stile di rivendicazione, che finisce spesso per fare il danno degli interessi tutelati, è un grosso ostacolo alle riforme. Ma può venire superato. L’abbiamo visto di recente con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po’ ridotto l’handicap dell’Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili.”

Nulla di quanto sopra mi stupisce; così come non mi stupisce l’immediato sostegno dei sinistri del Pd (e quello populisticamente posticipato dell’Idv).

Quello che attendo, ammetto un po’ sconfortato (l’età), è lo sbracamento della sinistra “parlamentare” (culturale, anche se non di fatto) italiana, nella figura (di merda) di Nichi (S)Vendola.

Ma soprattutto mi faccio una domanda: ma la democrazia che fine ha fatto? Quello che è successo è grave: la finanza internazionale ha dimissionato Berlusconi perché non poteva (elettoralmente) attuare quella “macelleria messicana” che la BCE pretende. Quindi tutto il potere a Monti, un “tecnico” eletto senatore a vita appositamente!

E ‘fanculo la democrazia…

Una risposta a “La democrazia dai Monti”

  1. parte consistente del problema è che la democrazia affanculo c’è andata già da quel dì. perché i politici dovrebbero rispondere a tante domande prima di andare ad elemosinare il voto con dei programmi che si distinguerebbero solo per qualche virgola.
    esempi di domande: i) ai politicanti italici: che ne è stato di tutti i soldi risparmiati (meglio: non spesi) per via dei bassi di interesse sul debito di cui abbiamo goduto entrando nell’euro? ii) anche a quelli che paiono più seri oltreconfine: come si regge una politica monetaria comune senza una politica fiscale comune? iii) perché la BCE non può essere prestatore di ultima istanza come sono invece Bank of England, FED, Bank of Japan e come era Banca d’Italia? iv) che tipo di crisi è quella dell’Euro (se la risposta è che è bancaria/finanziaria o di bilanci pubblici scatta la sputazza nell’occhio: è di bilancia dei pagamenti, strutturale e irrisolvibile a prerogative delle istituzioni europee date)? v) le ricette proposte che chances hanno di salvare la situazione?
    alcuni numerelli: in Grecia al momento della diagnosi di crisi il debito pubblico è al 110% su Pil; un anno e poco più dopo il debito viaggia allegramente intorno al 180%. con le ricette imposte si grida al successo perché intorno al 2020 il debito verrà stabilizzato al 120%, cioè peggio che all’inizio.
    infine: di tutti i soldi finora “prestati” alla Grecia, la stragande maggioranza di euri in Grecia non c’è neanche arrivata: abbiamo pagato invece gli interessi (e solo interessi, senza intaccare lo stock) del debito greco depositato all’estero, principalmente a banche francesi, inglesi e tedesche.
    e io pago!!!!……direbbe Totò.

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