Genova 2001 – riflessioni e vecchi tic

Copertina del libro "Millenium Bug"

Sono vent’anni proprio in questi giorni, e l’anniversario meriterebbe una riflessione, magari collettiva, orizzontale, franca, in modo da far riemergere un dibattito che è stato stroncato dalle pallottole di Piazza Alimonda, dalle torture della Diaz e di Bolzaneto e poi sotterrato con le “Torri Gemelle”.

Noi ci abbiamo provato, e con noi intendo quell@ che allora provarono a fare “Un altro mondo possibile”, non nell’ottica del “Sol dell’Avvenire”, ma  qui e subito, praticando l’orizzontalità nel quotidiano, con gli hackmeeting, gli hacklab, Autistici/Inventati e  Indymedia.

I primi a muoversi sono stat@ quell@ di “Supporto Legale” con una serie di pubblicazioni e un documentario che, tra gli altri appuntamenti, sarà presentato il 21 luglio proprio a Genova.

Buoni secondi sono arrivati una manciata di ex indyan@ che hanno pensato bene di scrivere in un libro corale una possibile storia di Indymedia in Italia:

https://edizionialegre.it/product/millennium-bug/

Una storia corale nel senso che il libro è costruito su una lunga serie di interviste ad attivist@ di Indy, in cui si racconta genesi, nascita, sviluppo ed infine morte dell’allora famoso network di in/formazione libera, autonoma ed indypendente.
Corale perché quella di Indymedia è stata veramente una storia  bella, fatta in gran parte da giovani che, allora, avevano tra i 20 e i 25 anni (a parte una piccola ed ininfluente parte di anzian@, che non ruppero poi troppo le gonadi… almeno spero!) e che grazie al “metodo del consenso” e al loro essere interni ai “movimenti noglobal” riuscirono, per un lustro, a mettere sotto sopra non solo il mondo ormai stagnante della politica “di movimento”, ma anche tutto il mondo dei massmedia mainstream.
L’idea di fondo è semplice: sono passati vent’anni, ormai è evidente che avevamo ragione (ormai lo dicono tutti, vedi a mo’ di esempio https://www.huffingtonpost.it/entry/le-ragioni-inascoltate-del-popolo-di-genova-20-anni-dopo_it_60e31c60e4b03f72964d1073?utm_hp_ref=it-homepage), proprio per questo ci hanno massacrato, perché per la prima volta dopo trent’anni c’era un movimento internazionale e meticcio, a mettere i bastoni tra le ruote di lor signori, allora proviamo a lasciar memoria di quella vicenda e di quegli anni e, soprattutto, di quel metodo e di quelle ragioni.

Ovviamente quelli sopra sono solo due dei tantissimi interventi e libri che si occuperanno del ventennale di “Genova 2001”: è uscito di tutto, ma veramente di tutto, compreso un incredibile libro di uno sbirro che, per torbidi motivi, ha pensato bene – amplificato da buona parte della stampa “progressista” – di buttare ancora un po’ di fango su quei giorni e sulla morte di Carlo: gli sciacalli (e gli utili idioti) non si smentiscono mai.

Oggi leggo che la manifesto libri ha pubblicato o sta per pubblicare un libro sulla vicenda di Genova 2001. Evviva, ho pensato, loro c’erano, erano al Media Center con noi, in quei giorni, hanno provato a raccontare quello che veramente è accaduto, sicuramente hanno cose interessanti da dire. Su faccialibro, infatti, si può leggere:

“sapete tutte/i cosa accadde nei giorni del #G8 di #Genova2001.

Sono passati vent’anni. Noi eravamo lì dallo stadio #Carlini alla #Diaz. In mezzo #PiazzaAlimonda e #Bolzaneto.

L’AGGUATO
GENOVA 2001-2021
manifestolibri

pubblica le testimonianze di chi era lì in quelle 4 giornate in cui lo Stato sospese i #diritti #diritticivili e #dirittiumani che pubblicammo sul #LibroBiancoDeiFattiDiGenova insieme a tutte le testate della sinistra (#Unita ’ , #Liberazione, il manifesto Manifestolibri, #Carta) delle quali siamo gli ultimi sopravvissuti.

Con una lettura storiografica di Marco Grispigni e il racconto sui media e su #Indymedia di Anna Pizzo
Per #CarloGiuliani

GENOVA‘01 VENT’ANNI DOPO: UN ALTRO MONDO E’ NECESSARIO”

Quando leggo il nome di Anna Pizzo un sorriso ed un filo di malinconia increspano il mio viso.
Per chi non lo ricordasse, Anna Pizzo e Pierluigi “Gigi” Sullo erano, nel 2001, i fondatori di uno dei tanti spinoff del Manifesto, “Carta”, settimanale nato come “costola” del noto quotidiano comunista e animatori dei “Cantieri sociali”, progetto politico che provava a diffondere nei territori italioti quelli che, dopo Genova, diventeranno i “Social Forum”, sorta di assemblee territoriali che avrebbero dovuto portare le tematiche e le lotte “noglobal” ovunque (sintetizzo, che non ho voglia di raccontare tutto per bene. Cercate sull’internet se volete approfondire). Scopo più che nobile, non fosse che il metodo utilizzato non fosse esattamente orizzontale.
È grazie a loro, infatti, che ho conosciuto quelli che poi sarebbero diventati miei grandi amici – Davide e franchitiello, solo per dirne due – perché in quel giugno (mi pare) 2001 , in una Siena mai come allora attiva e vivace, piena di collettivi, iniziative, occupazioni, lotte, manifestazioni, assemblee e riunioni, un bel giorno ci svegliamo e veniamo a scoprire, leggendolo sul giornale, che proprio a Siena si sarebbe aperto un “Cantiere sociale” e che tutta la cittadinanza festosa e festante era caldamente invitata a partecipare, per portare il movimento anche nella città del Palio.
Fottendosene allegramente di un decennio buono di movimento, che pur piccolo che fosse, a Siena in quegli anni aveva fatto tante cose e tante relazioni aveva intrecciato.
Così decidemmo di accettare l’invito, andando a contestare Pizzo e Sullo nel loro “Cantiere”, in maniera pacifica ma determinata, ed iniziando una discussione, all’inizio determinata e incazzata, ma poi – come spesso succedeva allora – aperta all’ascolto e alla contaminazione.

Questo lungo e affettuoso ricordo per dire che, vent’anni dopo, la lupa perde il pelo, ma non il vizio:
Anna Pizzo, che Indymedia l’ha vista giusto da lontano (da vicino solo a Genova, ma con malcelata e scarsa sopportazione), nel sopracitato testo pensa bene di scriverne, chissà se parlando, o addirittura facendo parlare qualcun@ che Indymedia l’ha fatta?
Aspetto di poter leggere il libro, ma già temo quale possa essere la risposta… 😉

All You need is love

E io contavo i denti ai francobolli
dicevo “grazie a Dio” “buon Natale ”
mi sentivo normale
eppure i miei trent’anni
erano pochi più dei loro
ma non importa adesso torno al lavoro

cancella carlo vive

Cantavano il disordine dei sogni
gli ingrati del benessere francese
e non davan l’idea
di denunciare uomini al balcone
di un solo maggio, di un unico paese

E io ho la faccia usata dal buonsenso
ripeto “Non vogliamoci del male”
e non mi sento normale
e mi sorprendo ancora
a misurarmi su di loro
e adesso è tardi, adesso torno al lavoro

Expo mcdonalds

Rischiavano la strada e per un uomo
ci vuole pure un senso a sopportare
di poter sanguinare
e il senso non dev’essere rischiare
ma forse non voler più sopportare

black

Chissà cosa si trova a liberare
la fiducia nelle proprie tentazioni
allontanare gli intrusi
dalle nostre emozioni
allontanarli in tempo
e prima di trovarsi solo
con la paura di non tornare al lavoro

corri rosse

Rischiare libertà strada per strada
scordarsi le rotaie verso casa
io ne valgo la pena
per arrivare ad incontrar la gente
senza dovermi fingere innocente

black2

Mi sforzo di ripetermi con loro
e più l’idea va di là del vetro
più mi lasciano indietro
per il coraggio insieme
non so le regole del gioco
senza la mia paura mi fido poco

Ormai sono in ritardo per gli amici
per l’olio potrei farcela da solo
illuminando al tritolo
chi ha la faccia e mostra solo il viso
sempre gradevole, sempre più impreciso

E l’esplosivo spacca, taglia, fruga
tra gli ospiti di un ballo mascherato
io mi sono invitato
a rilevar l’impronta dietro ogni maschera che salta
e a non aver pietà per la mia prima volta

All You Need Is Love

Si censura la controinformazione sui CIE

Immagine della testata del sito http://hurriya.noblogs.org/

Leggo che è arrivata una richiesta di “sequestro preventivo” di una pagina ospitata – come questo blog – su noblogs.org.

La pagina in questione è la cronaca di un terribile soppruso vissuto da un migrante illegalmente detenuto nel CIE di Ponte Galeria, a Roma.

Per questo motivo lo copio, per intero, dal sito in questione:

Due giorni fa un recluso del Centro d’identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, davanti ad insulti e privazioni da parte del personale in servizio, ha scelto di rispondere verbalmente ai soprusi.
Polizia e carabinieri si sono quindi scatenati con un pestaggio in piena regola, così come raccontano gli altri reclusi presenti.

Il ragazzo è stato successivamente condotto in una cella separata dalle altre, in una sezione del lager lontana sia da quella maschile che da quella femminile.

Ciò che è avvenuto in questi due giorni d’isolamento è lontano dalla sua memoria; gli altri reclusi raccontano che dopo un’iniezione di psicofarmaci non ricorda nulla e lo descrivono come una persona ad oggi distrutta.
Sembra anche ricorrente la minaccia di iniezioni di psicofarmaci in occasione dei momenti di rabbia dei ragazzi rinchiusi nel campo d’internamento etnico alle porte di Roma.

Impossibile non ricordare un precedente episodio avvenuto nel maggio del 2013, quando un recluso, in seguito ad una puntura del medico in servizio, aveva iniziato a gonfiarsi, ad avere difficoltà respiratorie ed essere privo di ogni forza tanto da non riuscire ad alzarsi dal letto per giorni.
Questo episodio venne alla luce solo grazie ad una protesta messa in campo dai reclusi della sezione maschile che culminò con uno sciopero della fame compatto.
Dopo qualche giorno i media di regime celebrarono con la direzione del centro, affidata alla cooperativa Auxilium, le scuse da parte del medico in servizio nei confronti del ragazzo che ancora versava in pessime condizioni. Per mettere a tacere tutto, la direzione dichiarò anche un cambio di guardia del suddetto.

Le pratiche d’oppressione non sono cambiate, frutto di una lunga tradizione o degli stessi aguzzini in servizio.

Di seguito pubblichiamo il comunicato dei reclusi di Ponte Galeria, che nel maggio del 2013 denunciavano il trattamento che il medico aveva destinato al ragazzo:

“Noi tutti di questo centro abbiamo deciso di dare inizio ad una protesta pacifica iniziando il rifiuto del cibo che ci viene consegnato per tutto il tempo necessario finchè non vengano esaudite le nostre richieste sotto indicate:

1. Chiediamo che le procedure siano molto più rapide

2. Che il servizio sanitario sia molto più efficiente

3. Che non venga più usata violenza, fisica o psichica, contro di noi (giorni fa è stata somministrata una puntura di psicofarmaci ad un ospite, contro la sua volontà, che ha avuto una reazione dannosa alla salute provocandogli gravi danni. Ancora oggi non può parlare e ha la faccia gonfia)

4. Che venga accolta la richiesta di chi chiede l’espatrio il prima possibile senza trattenimenti di lungo periodo

5. Che le notifiche vengano tradotte nella lingua di origine

6. Che le visite dall’esterno vengano facilitate senza tanta burocrazia

7. Che i tossicodipendenti vengano accolti in un’altra struttura adatta alle loro esigenze di recupero

8. Che chiunque abbia uno o più carichi pendenti possa presenziare al suo processo in modo che non venga condannato in contumacia

9. Per queste e molte altre motivazioni i centri come questo di Ponte Galeria schiacciano la dignità delle persone e andrebbero chiusi per sempre

Noi motiviamo il nostro sciopero della fame, 
ora voi motivateci il perchè dobbiamo espiare una pena senza aver commesso un reato.”

“Internet Bene Comune” al Teatro Valle senza i protagonisti

Volantino di presentazione di "INTERNET BENE COMUNE o CATTURA E SORVEGLIANZA DELL’INTELLIGENZA COLLETTIVA?" al Teatro Valle Occupato a Roma sabato 5 ottobre
INTERNET BENE COMUNE o CATTURA E SORVEGLIANZA DELL’INTELLIGENZA COLLETTIVA?

Leggo con interesse che sabato scorso, al Teatro Valle Occupato di Roma si è tenuto un interessante incontro dal titolo “INTERNET BENE COMUNE o CATTURA E SORVEGLIANZA DELL’INTELLIGENZA COLLETTIVA?“.

Un dibattito necessario, visto quel che si è appreso ufficialmente con il “caso Snowden“. Un incontro in cui ragionare su come comportarsi, oggi, nell’usare Internet come piattaforma di comunicazione di chi si ribella – in tanti modi diversi – al sistema di cose presenti.

Quindi, prima di tutto, complimenti a chi organizzato la cosa: era, ed è, necessaria.

Appreso dell’evento sono andato a vedere chi partecipava:

Federico Primosig attivista e filosofo, Carlo Formenti, Jeremie Zimmerman, Maurizio Lazzarato, Stefano Rodotà (uau), Evgeny Morozov, Smari McCarthy, Francesca Bria, e l’onnipresente Bifo; cioè intellettuali, ex attivisti. Pensatori, insomma. Benissimo.

E la ciccia? C’è ovviamente, quell@ del Teatro Valle mica sono degli ingenui!

“Ore 18:30

Seguirà una tavola rotonda su Il ruolo di Internet per i movimenti sociali, l’organizzazione dal basso e la partecipazione dei cittadini alla politica” a cui parteciperanno molte importanti esperienze politiche e di movimento italiane e internazionali quali la Costituente dei beni comuni, Laboratorio Acrobax, Movimento 5 Stelle, Partito Pirata islandese, La Citizen Foundation islandese, Movimento passe livre Brazil e il M15 spagnolo.

La tavola rotonda sarà moderata dal Teatro Valle Occupato”.

Evviva, anche “il Movimento” prende la parola, ci voleva qualcuno che parlasse della comunicazione in Internet partendo dal punto di vista di chi la fa, la comunicazione.

Quindi tutto bene, finalmente un’iniziativa in cui si vola alti – con la teoria portata dagli intellettuali – ma anche bassi – con la pratica di chi le cose le fa.

Eppure c’è qualcosa che non mi tornava, in quest’iniziativa. Il solito rompicoglioni, mi son detto. Mi sono andato a rivedere gli interventi – tutte persone di alto livello, preparate, che hanno anche fatto cose importanti. E quindi, che mi manca?

Mi manca, in questo bell’incontro di Movimento, chi, nel Movimento, da anni – e per anni si intende qualcosa che va dai 20 ai 12 – tiene in piedi l’infrastruttura della rete del Movimento italiano (e non solo).

Di chi sto parlando?

  • di Isole nella Rete (http://www.ecn.org), che è sul web ed offre spazio al movimento dal 1996 (e come BBS da ben prima);
  • di Autistici/Inventati (http://www.autistici.org), che offre anche di più ormai dal 2001:
  • senza parlare di quegli hacklabs – il Freaknet di Catania su tutti, perché il più anziano (http://www.freaknet.org/hacklab/), e Avana di Roma (http://avana.forteprenestino.net/); ma ce ne sono pure altri, a Firenze, Torino, Milano … – che, pure loro, da decenni offrono spazio, cultura, in/formazione sul mondo dell’informatica e della rete. DENTRO il Movimento.

Loro non ci sono. Loro sono quelli che fanno il grosso del lavoro, che hanno le competenze tecniche – e POLITICHE – ma che non vanno fatti parlare.

Perché? Boh, ormai l’unica risposta possibile è questa: non c’è un motivo.

O forse si: perché è gente che NON è in una CORRENTE del Movimento, ma le attraversa tutte. E quindi – tanto per parafrasare il titolo del convegno – “anche se è un bene comune non si può sorvegliare e catturare nelle maglie delle identità”.

 Ancora? Che tristezza…

‘AMIATA CALLING’: L’Amiata chiama! L’11 maggio una giornata di lotta in difesa della montagna

Manifesto di convocazione della manifestazione dell'11 maggio 2013
Amiata Calling!!

Mentre l’Enel continua a lavorare al cosiddetto ‘Piano di riassetto di Piancastagnaio’ e dopo gli annunci trionfalistici sull’apertura del cantiere per le due centrali di Bagnore4, il coordinamento SOS Geotermia si è riunito il 21 marzo us in assemblea pubblica, peraltro partecipatissima, che ha approvato la proposta di una giornata di mobilitazione che abbia carattere nazionale da farsi il giorno 11 maggio prossimo.

Su impulso dei cittadini e dei comitati, SOS Geotermia ha redatto un appello nazionale, che riportiamo di seguito, a cui hanno già dato significativa adesione associazioni, gruppi, sindacati, sia nazionali, che regionali e territoriali.

Primo firmatario è Don Gallo che avevamo già incontrato e che ci aveva esortato ad essere ‘partigiani dell’Amiata e difendere la Terra’, seguono adesioni di rilievo nazionale come il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, promotore dei referendum vinti sulla ripubblicizzazione dell’acqua che continua nella battaglia, ma anche associazioni e sindacati nazionali, come il Forum Ambientalista, ATTAC, l’USB ed i Cobas; l’elenco è lungo e ‘qualificato’, contando che ancora non è avvenuto il lancio dell’iniziativa.

Da oggi lanciamo pubblicamente l’appello a tutte le associazioni, comitati, gruppi, partiti, ecc. invitandoli ad aderire e partecipare alla manifestazione nazionale dell’11 maggio sull’Amiata.

Invitiamo tutti i cittadini dell’Amiata a partecipare al prossimo incontro che si terrà il 5 aprile e a collaborare con il coordinamento per la riuscita della giornata dell’11 maggio.

Di seguito l’appello:

IL MONTE AMIATA – la montagna sacra, cuore dell’Italia – DIVENTI IL CENTRO DA CUI RIPARTIRE PER LE LOTTE COMUNI

La geotermia sul monte Amiata non è né pulita, né rinnovabile, né innocua, come dimostrato dalle stesse ricerche effettuate dalla Agenzia Regionale di Sanità:

  • tonnellate di inquinanti fuoriescono dalle centrali geotermiche che concorrono a contaminare aria, terreno e falde ed entrano nel ciclo alimentare fino all’uomo;
  • incremento della mortalità rispetto alle aree limitrofe e al resto della Toscana con un aumento statisticamente significativo del +13% per gli uomini e altre gravi patologie;
  • depauperamento e inquinamento -soprattutto da arsenico- del bacino idropotabile amiatino con il rischio concreto della sua scomparsa e/o impossibilità per l’uso potabile;
  • Diciamo basta alle centrali geotermiche Enel in Amiata, ma anche alle possibili future autorizzazioni ad altre compagnie!

FERMIAMOLI ORA, PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI!

MORATORIA IMMEDIATA DI TUTTA L’ATTIVITA’ GEOTERMICA IN AMIATA!

L’11 MAGGIO 2013 TUTTI IN AMIATA

PER UNA GIORNATA NAZIONALE DI MOBILITAZIONE

A DIFESA DELLA NOSTRA TERRA

Questo il programma della giornata:

  •  dalle 10,30 alle 12,30 ad Arcidosso (GR) in Piazza Indipendenza: L’Amiata accoglie i comitati, assemblea/incontro in piazza;
  • alle 14,00 in Località Aiuole, a pochi km tra Arcidosso e S.Fiora, Concentramento e Corteo fino al cantiere della centrale geotermica di Bagnore 4;
  •  

    dalle 16,30 ad Arcidosso (GR) in Piazza Indipendenza, Manifestazione/Assemblea con interventi e testimonianze sulle varie esperienze di lotta dei comitati e associazioni partecipanti;

  • dalle ore 18,00: Festa e musica in piazza.

SCARICA LA LOCANDINA IN FORMATO A3 (colori e bianco/nero, file zippato 11,6 Mb) oppure in FORMATO A4 (colori e bianco/nero, file zippato 5,6 Mb)

Cosa ci insegnano i processi su Genova 2001

Logo della campagna 10x100In questi giorni sono arrivati a compimento due importanti processi relativi ai noti fatti di Genova 2001.

Nel primo la Cassazione ha condannato in via definitiva alcuni alti dirigenti della polizia italiana per la “macelleria messicana” della scuola Diaz.
Nel secondo sempre la Cassazione ha condannato in via definitiva una decina di manifestanti per “devastazione e saccheggio”, relativa agli scontri del 20 e del 21 luglio di quell’anno.

Giustizia è fatta, si dirà: la democrazia ha punito chi ha sbagliato, da una parte e dall’altra, senza guardare in faccia nessuno.

Peccato che andando a guardare un po’ più da vicino ci si accorge che le cose non stanno proprio così. Vediamo perché:

Foto degli effetti dell'irruzione della polizia nella scuola Diaz il 21 luglio 2001il 21 luglio 2001 alla scuola Diaz (consiglio la visione del bel documentario “Back block“, che a parte il titolo sbagliato è un ottimo punto di partenza per capire cosa è successo quella notte alla Diaz) qualche decina di persone è stata brutalizzata per una mezzora dalle Forze dell’Ordine, per poi essere portati in ospedale quelli che proprio rischiavano la vita (tipo gente col polmone perforato dalle costole spezzate dai calci dei poliziotti, per dire), gli altri deportati alla caserma di Bolzaneto per sparire per 4 giorni ed essere liberamente torturati, senza contatti con avvocati, familiari o conoscenti.

Per tutto questo i funzionari dello Stato sono stati condannati a qualche mese di carcere, che non hanno mai fatto, e all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Qualcuno è già andato in pensione, quindi non rischia nulla, degli altri si vedrà, visto che condanne del genere sono già state emesse ma nessun provvedimento è mai stato realmente preso.

Foto dell'attacco dei carabinieri al corteo autorizzato delle tute biancheIl 20 luglio, invece, tutti i cortei autorizzati vennero caricati e repressi violentemente, con vari gradi di reazione: dal nulla al riot pesante e prolungato. Durante quella giornata venne assassinato il ventenne Carlo Giuliani e il presunto assassino, il carabiniere Placanica è stato assolto per legittima difesa.

Una decina di manifestanti fu poi individuata, e settimana scorsa è arrivata la sentenza della Cassazione, per cui costoro sono stati condannati a pene che vanno dai 6 ai 14 anni di carcere. Per aver lanciato sassi, bottiglie incendiarie, per aver sfasciato vetrine e locali di banche, benzinai etc etc.

Più o meno questi i fatti. Non ho tanta voglia di mettermi a fare il filosofo della politica, che non ne ho gli strumenti e la voglia. Voglio solo dare sfogo alla bile che mi è salita settimana scorsa e che ancora è lì.

Logo della campagna "Turnoff G8" del 2001Io a Genova non volevo andare: con vari compagn@ si propose di mandare affanculo tutti lor signori e di fare un bel rave di 3 giorni a Varazze. Nessuno ci cacò, e alla fine molti di noi non resistettero al richiamo della foresta, al fatto che a Genova c’erano tanti fratelli e sorelle, e ci trovammo tra le mura del Media Center a fare Indymedia, Radio GAP, a tirare sassi e sfasciare vetrine. Stare a Varazze sarebbe stato molto più sensato, divertente, utile e Carlo sarebbe ancora vivo (porcoddio).

Genova quindi avrebbe dovuto insegnarci a non cadere in certe trappole, di non andare più a scontrarsi col Potere direttamente, perché non serve, non costruisci nulla e loro sono più forti e cattivi e ti fanno parecchio male. Ma il 15 ottobre dell’anno scorso a Roma dimostra che abbiamo ancora tanto da capire, e che la storia non insegna una sega.

Ora, però, mi chiedo: alla prossima manifestazione, magari non a Roma sotto i palazzi del Potere (di cui non me ne fotte una bella sega e dove non andrò mai più), ma magari a casa mia, nel mio territorio dove lotto, chessò, contro la costruzione di una linea ferroviaria inutile e dannosa ma che fa fare tanti soldi ai soliti noti; o contro centrali finte rinnovabili che ti fanno morire di tumore; se in queste situazioni, durante queste lotte, mi trovassi a dovermi scontrare contro i servi del potere, i vari sbirri che sempre arrivano per servire lo Stato, cosa mi conviene fare?

Tirargli un sasso e rischiare 14 anni da gabbio?

1991 Batti il tuo tempo. Il documentario sulle posse a Roma

Copertina del disco degli Onda Rossa Posse

Il 1989 non è solo “il crollo del Muro di Berlino”, ma è anche la fine degli anni ’80. E se dal tetto del Leoncavallo di Milano i compagni rispondono allo sgombero con sassi e bottiglie, a Roma i compagni escono con una bomba culturale: Onda Rossa Posse, “Batti il tuo tempo”, se non il primo sicuramente il più importante pezzo hip-hop “politico” in italiano. Un pezzo che è storia, che racconta quello che succede nei centri sociali di seconda generazione dei primi anni novanta.

1990, una pantera si aggira per le strade di Roma. Non si sa se è vero, ma sicuramente è vero quello che succede nelle università da nord a sud dello stivale: è la Pantera, un movimento come non se ne vedevano dagli anni ’70, che torna a contestare radicalmente lo stato di cose presenti.

Tutto questo e molto più e l’inizio di un ciclo che finirà nel sangue a Genova nel luglio del 2001. Ed è in parte raccontato da questo bel video. Per non dimenticare.

http://video.google.com/videoplay?docid=5205310292464317394

Noi

Poster del Leoncavallo, 1989, Quando ci vuole ci vuole

“[Anni ’90] Si andava affermando la seconda generazione dei centri sociali, quella nata dentro i luoghi già occupati. Con una preparazione e una qualità sovversiva subliminale. Istintiva. Con una comunicazione che si basava su gesti e corpi e non sull’espressione di un pensiero compiuto. Con un’identità che si nutriva di comportamenti immediati più che di consapevolezza. E questo non vuol dire superficialità, vuol dire una visione della vita a partire da sé. Vuol dire mettere al centro bisogni e desideri primari e non i grandi ideali. Una generazione che non poneva come obbiettivo, nemmeno nel luogo periodo, una prospettiva politica di presa del potere. Lo combatteva e punto”. Militant A, Storie di Assalti Frontali, 1997, pag. 47

Laboratorio Amiata: solidarietà ai NOTAV

In questi anni abbiamo imparato che non c’è democrazia se non c’è qualcuno che la pratica, quotidianamente, tutti i giorni; abbiamo imparato che non ci sono beni comuni se non c’è qualcun@ che si attiva per difenderli, e che solo nella partecipazione si creano comunità e valori.

Con la crisi che ci divora, ci chiediamo perché lo Stato spenda 20 miliardi di euro per un treno che non serve. Con quei soldi si potrebbero pagare stipendi, pensioni, scuole, ospedali, trasporti pubblici per tutti.

Chi chiede queste cose, chi da vent’anni di/mostra che la democrazia è partecipazione e non speculazione, chi si oppone allo scempio del proprio territorio, della propria salute, chi cammina domandando, oggi viene arrestato, incarcerato, diventa “terrorista”.

Anche noi, qui sull’Amiata, nell’ex “rossa” Toscana, stiamo affrontando la distruzione del nostro territorio, lo scempio della nostra salute – a causa della Geotermia – che in nome del potere e dei soldi i soli noti chiamano “sviluppo”. Anche noi stiamo cercando di avviare percorsi di partecipazione e consapevolezza.

Per questi motivi, per la stima e l’affetto che da sempre proviamo per le donne e gli uomini del Movimento NO TAV, il Laboratorio Amiata esprime tutta la sua vicinanza e solidarietà ai 26 arrestat@ di ieri.

Laboratorio Amiata