Si censura la controinformazione sui CIE

Immagine della testata del sito http://hurriya.noblogs.org/

Leggo che è arrivata una richiesta di “sequestro preventivo” di una pagina ospitata – come questo blog – su noblogs.org.

La pagina in questione è la cronaca di un terribile soppruso vissuto da un migrante illegalmente detenuto nel CIE di Ponte Galeria, a Roma.

Per questo motivo lo copio, per intero, dal sito in questione:

Due giorni fa un recluso del Centro d’identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, davanti ad insulti e privazioni da parte del personale in servizio, ha scelto di rispondere verbalmente ai soprusi.
Polizia e carabinieri si sono quindi scatenati con un pestaggio in piena regola, così come raccontano gli altri reclusi presenti.

Il ragazzo è stato successivamente condotto in una cella separata dalle altre, in una sezione del lager lontana sia da quella maschile che da quella femminile.

Ciò che è avvenuto in questi due giorni d’isolamento è lontano dalla sua memoria; gli altri reclusi raccontano che dopo un’iniezione di psicofarmaci non ricorda nulla e lo descrivono come una persona ad oggi distrutta.
Sembra anche ricorrente la minaccia di iniezioni di psicofarmaci in occasione dei momenti di rabbia dei ragazzi rinchiusi nel campo d’internamento etnico alle porte di Roma.

Impossibile non ricordare un precedente episodio avvenuto nel maggio del 2013, quando un recluso, in seguito ad una puntura del medico in servizio, aveva iniziato a gonfiarsi, ad avere difficoltà respiratorie ed essere privo di ogni forza tanto da non riuscire ad alzarsi dal letto per giorni.
Questo episodio venne alla luce solo grazie ad una protesta messa in campo dai reclusi della sezione maschile che culminò con uno sciopero della fame compatto.
Dopo qualche giorno i media di regime celebrarono con la direzione del centro, affidata alla cooperativa Auxilium, le scuse da parte del medico in servizio nei confronti del ragazzo che ancora versava in pessime condizioni. Per mettere a tacere tutto, la direzione dichiarò anche un cambio di guardia del suddetto.

Le pratiche d’oppressione non sono cambiate, frutto di una lunga tradizione o degli stessi aguzzini in servizio.

Di seguito pubblichiamo il comunicato dei reclusi di Ponte Galeria, che nel maggio del 2013 denunciavano il trattamento che il medico aveva destinato al ragazzo:

“Noi tutti di questo centro abbiamo deciso di dare inizio ad una protesta pacifica iniziando il rifiuto del cibo che ci viene consegnato per tutto il tempo necessario finchè non vengano esaudite le nostre richieste sotto indicate:

1. Chiediamo che le procedure siano molto più rapide

2. Che il servizio sanitario sia molto più efficiente

3. Che non venga più usata violenza, fisica o psichica, contro di noi (giorni fa è stata somministrata una puntura di psicofarmaci ad un ospite, contro la sua volontà, che ha avuto una reazione dannosa alla salute provocandogli gravi danni. Ancora oggi non può parlare e ha la faccia gonfia)

4. Che venga accolta la richiesta di chi chiede l’espatrio il prima possibile senza trattenimenti di lungo periodo

5. Che le notifiche vengano tradotte nella lingua di origine

6. Che le visite dall’esterno vengano facilitate senza tanta burocrazia

7. Che i tossicodipendenti vengano accolti in un’altra struttura adatta alle loro esigenze di recupero

8. Che chiunque abbia uno o più carichi pendenti possa presenziare al suo processo in modo che non venga condannato in contumacia

9. Per queste e molte altre motivazioni i centri come questo di Ponte Galeria schiacciano la dignità delle persone e andrebbero chiusi per sempre

Noi motiviamo il nostro sciopero della fame, 
ora voi motivateci il perchè dobbiamo espiare una pena senza aver commesso un reato.”

1991 Batti il tuo tempo. Il documentario sulle posse a Roma

Copertina del disco degli Onda Rossa Posse

Il 1989 non è solo “il crollo del Muro di Berlino”, ma è anche la fine degli anni ’80. E se dal tetto del Leoncavallo di Milano i compagni rispondono allo sgombero con sassi e bottiglie, a Roma i compagni escono con una bomba culturale: Onda Rossa Posse, “Batti il tuo tempo”, se non il primo sicuramente il più importante pezzo hip-hop “politico” in italiano. Un pezzo che è storia, che racconta quello che succede nei centri sociali di seconda generazione dei primi anni novanta.

1990, una pantera si aggira per le strade di Roma. Non si sa se è vero, ma sicuramente è vero quello che succede nelle università da nord a sud dello stivale: è la Pantera, un movimento come non se ne vedevano dagli anni ’70, che torna a contestare radicalmente lo stato di cose presenti.

Tutto questo e molto più e l’inizio di un ciclo che finirà nel sangue a Genova nel luglio del 2001. Ed è in parte raccontato da questo bel video. Per non dimenticare.

http://video.google.com/videoplay?docid=5205310292464317394

Noi

Poster del Leoncavallo, 1989, Quando ci vuole ci vuole

“[Anni ’90] Si andava affermando la seconda generazione dei centri sociali, quella nata dentro i luoghi già occupati. Con una preparazione e una qualità sovversiva subliminale. Istintiva. Con una comunicazione che si basava su gesti e corpi e non sull’espressione di un pensiero compiuto. Con un’identità che si nutriva di comportamenti immediati più che di consapevolezza. E questo non vuol dire superficialità, vuol dire una visione della vita a partire da sé. Vuol dire mettere al centro bisogni e desideri primari e non i grandi ideali. Una generazione che non poneva come obbiettivo, nemmeno nel luogo periodo, una prospettiva politica di presa del potere. Lo combatteva e punto”. Militant A, Storie di Assalti Frontali, 1997, pag. 47

Dalla Serbia a Roma

Il ministro Maroni
Il ministro Maroni by UK in Italy

Fonte: Corriere della Sera.

Cito, per chiarezza:

«Il rischio di infiltrazioni nel corteo della Fiom di sabato è elevato, come hanno detto anche le analisi dei nostri servizi, ma la nostra attenzione sarà massima […]. Il rischio è – ha aggiunto il ministro dell’Interno – che alcuni gruppetti, non certo le 20 o 40mila persone che sfileranno pacificamente staccandosi vadano a spaccare vetri. L’occasione è troppo ghiotta per l’infiltrazione nella manifestazione anche da parte di gruppetti stranieri […]”.

Ma facciamoli i nomi, no?! Maroni non si esime:

“A Padova – ha detto il ministro Maroni – mercoledì alcuni esponenti di un centro sociale, tra l’altro invitati alla manifestazione di sabato, hanno occupato la sede di Confindustria padovana imbrattando i muri. Dobbiamo tutti prendere le distanze da episodi come questo”.

Allora, io non sono un fine analista politico, anzi. Sono un vecchio ingenuo, ma mi chiedo come sia possibile che il Sig. Maroni sia ancora ministro dopo quello che è successo martedì, con qualche centinaio di fascisti serbi che si sono praticamente impossessati di una città e di uno stadio indisturbati. Chissà, forse al ministro legaiolo sentir parlare di nazionalisti, di cetnici, di indipendentisti, di fascisti insomma, non crea grossi problemi di “ordine pubblico”. E così questi “signori” sono partiti indisturbati da Belgrado e dintorni, su comodi autobus, hanno attraversato TUTTA la Padania (a noi!), sono arrivati a Genova e hanno fatto il beato cazzo che gli pareva: hanno attaccato gli sbirri per strada, hanno provocato scontri e poi, arrivata l’ora di andare allo stadio, ci sono entrati senza problemi, con tanto di razzi, fumogeni, cesoie, coltelli e ammennicoli vari.

Io se entro allo stadio, mi tolgono pure il tappo dalla bottiglia d’acqua, si sa mai che la lanci verso Viviano…

Quando invece a manifestare sono i pericolosi comunisti (ohhhh!), o peggio ancora gli “estremisti” (cioè tutti coloro che stanno a sinistra di Vendola), allora a quel punto le informative dei servizi diventano scritte sulla pietra, il pericolo “altissimo”, e l’allerta massima.

Buffo, no?

Il nuovo disco di Bonnot. In alto la mia banda!

il manifesto, domenica 29 agosto

Incontro con il producer e dj degli Assalti Frontali al suo debutto con il suo primo progetto solista, il cd «Intergalactic Arena»

di Serena Valietti

Bonnot. Il rap «non rap» indipendente mescola jazz e conservatorio

Un’intro strumentale, due skit, di cui uno è un saluto di Boots Riley dei The Coup. Featuring con pesi massimi dell’old school italiano come Esa. Testi di denuncia firmati dagli Assalti Frontali sullo scratch di Dj Gruff nella traccia In Carovana. L’mc palestinese Boikutt con un pezzo il cui titolo dice tutto, Hal Jathri – la soluzione radicale. E ancora ospiti internazionali del calibro degli statunitensi Dead Prez in Let’s get organized e un featuring con Inoki, uno dei più rispettati rapper dello stivale. Pare un disco rap militante.

E invece Intergalactic Arena, il solo debut di Bonnot, il producer e dj degli Assalti Frontali è qualcosa di più. L’intro Last Night I had a dream lo rivela da subito: la tromba di Paolo Fresu e il sax di Tino Tracanna incontrano un mandolino e un synth. È jazz e sperimentazione estrema. «Intergalactic Arena si apre con questa intro, perché volevo scattare un’istantanea del mio oggi – spiega Bonnot, al secolo Walter Buonanno – Tra i miei progetti in corso non ci sono solo gli Assalti – attualmente al lavoro su un nuovo album previsto per novembre per la manifesto cd -, ma anche Babel, il progetto mio e di Tino, più qualcosa nella classica».

Il jazz torna anche in Storia di un Imprecato, dove Fresu e Tracanna incontrano Caparezza, che fa parlare un emarginato» a cui un gruppo di «ragazzi per gioco dà fuoco nel parcheggio dell’Auchan».

E poi ci sono Esa e Junior Sprea, che in Combatterò l’ignoranza cantano «ci vuole più passione e amore, quando tutti sono contro tutti ha vinto l’oppressore». Oltre a Sprea, reggae è anche Ultimamente, in cui cantano i Sud Sound System, mentre All’ombra dell’ultimo sole è punk targato Piotta e Punkreas. Il singolo Uragano invece è un mix di rap e crossover, con le voci di Nitto dei Linea 77 e Jake La Furia.

http://www.youtube.com/watch?v=J5cRqdZR9Ls

E poi c’è Intergalactical, un pezzo firmato dal re della jungle inglese General Levy e la traccia Slang out my slang, «a cui ho lavorato insieme a Zubz, con cui già ci siamo impegnati per un progetto di sensibilizzazione sull’Hiv. A precedere questa traccia c’è lo skit in cui Don Gallo esorta a usare il preservativo».

Un puzzle sonoro che rivela l’identità di Bonnot: «Al liceo suonavo crossover nei Sovversione, giravamo in tour con i Raw Power, poi c’è stato lo ska di Arpioni e Orobians. E poi la drumnbass, il Conservatorio e il jazz. Anche se possono apparire generi lontani tra loro, sono tutti profondamente legati dall’importanza del contesto in cui nascono e dalla necessità di manifestare il proprio dissenso». Un contesto che in Italia è quello dei centri sociali: «Se penso alle mie influenze, prima ancora di quelle musicali, contano quelle culturali: il Pacì Paciana, il centro sociale di Bergamo. È lì che ho conosciuto i personaggi chiave della mia storia artistica, dalla Banda Bassotti, alle Radici nel Cemento, a Fermin Muguruza. In quei luoghi di passione e militanza, ho imparato a scegliere strade più scomode, pur di restare fedeli a se stessi. Ricordo di esser stato colpito dalle parole del grande direttore d’orchestra Riccardo Chailly. In una sua intervista diceva che questo cercare percorsi complicati e difficili è una delle caratteristiche della grande musica, quella che ti lascia addosso emozioni intensissime. Anche degli Assalti già prima di entrarci ammiravo questa loro coerenza profonda e il coraggio di seguire un percorso scomodissimo, sempre nell’indipendenza, sempre esposti e militanti. Sempre presenti con la faccia e il fisico alle manifestazioni, dalla No F35 di Novara, a No Tav e No Dal Molin, alla Val di Susa. Fare musica in questo modo significa evitare certi canale e avere meno riscontro mediatico, però il senso di quello che facciamo e del messaggio che passiamo è impagabile».