Si censura la controinformazione sui CIE

Immagine della testata del sito http://hurriya.noblogs.org/

Leggo che è arrivata una richiesta di “sequestro preventivo” di una pagina ospitata – come questo blog – su noblogs.org.

La pagina in questione è la cronaca di un terribile soppruso vissuto da un migrante illegalmente detenuto nel CIE di Ponte Galeria, a Roma.

Per questo motivo lo copio, per intero, dal sito in questione:

Due giorni fa un recluso del Centro d’identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, davanti ad insulti e privazioni da parte del personale in servizio, ha scelto di rispondere verbalmente ai soprusi.
Polizia e carabinieri si sono quindi scatenati con un pestaggio in piena regola, così come raccontano gli altri reclusi presenti.

Il ragazzo è stato successivamente condotto in una cella separata dalle altre, in una sezione del lager lontana sia da quella maschile che da quella femminile.

Ciò che è avvenuto in questi due giorni d’isolamento è lontano dalla sua memoria; gli altri reclusi raccontano che dopo un’iniezione di psicofarmaci non ricorda nulla e lo descrivono come una persona ad oggi distrutta.
Sembra anche ricorrente la minaccia di iniezioni di psicofarmaci in occasione dei momenti di rabbia dei ragazzi rinchiusi nel campo d’internamento etnico alle porte di Roma.

Impossibile non ricordare un precedente episodio avvenuto nel maggio del 2013, quando un recluso, in seguito ad una puntura del medico in servizio, aveva iniziato a gonfiarsi, ad avere difficoltà respiratorie ed essere privo di ogni forza tanto da non riuscire ad alzarsi dal letto per giorni.
Questo episodio venne alla luce solo grazie ad una protesta messa in campo dai reclusi della sezione maschile che culminò con uno sciopero della fame compatto.
Dopo qualche giorno i media di regime celebrarono con la direzione del centro, affidata alla cooperativa Auxilium, le scuse da parte del medico in servizio nei confronti del ragazzo che ancora versava in pessime condizioni. Per mettere a tacere tutto, la direzione dichiarò anche un cambio di guardia del suddetto.

Le pratiche d’oppressione non sono cambiate, frutto di una lunga tradizione o degli stessi aguzzini in servizio.

Di seguito pubblichiamo il comunicato dei reclusi di Ponte Galeria, che nel maggio del 2013 denunciavano il trattamento che il medico aveva destinato al ragazzo:

“Noi tutti di questo centro abbiamo deciso di dare inizio ad una protesta pacifica iniziando il rifiuto del cibo che ci viene consegnato per tutto il tempo necessario finchè non vengano esaudite le nostre richieste sotto indicate:

1. Chiediamo che le procedure siano molto più rapide

2. Che il servizio sanitario sia molto più efficiente

3. Che non venga più usata violenza, fisica o psichica, contro di noi (giorni fa è stata somministrata una puntura di psicofarmaci ad un ospite, contro la sua volontà, che ha avuto una reazione dannosa alla salute provocandogli gravi danni. Ancora oggi non può parlare e ha la faccia gonfia)

4. Che venga accolta la richiesta di chi chiede l’espatrio il prima possibile senza trattenimenti di lungo periodo

5. Che le notifiche vengano tradotte nella lingua di origine

6. Che le visite dall’esterno vengano facilitate senza tanta burocrazia

7. Che i tossicodipendenti vengano accolti in un’altra struttura adatta alle loro esigenze di recupero

8. Che chiunque abbia uno o più carichi pendenti possa presenziare al suo processo in modo che non venga condannato in contumacia

9. Per queste e molte altre motivazioni i centri come questo di Ponte Galeria schiacciano la dignità delle persone e andrebbero chiusi per sempre

Noi motiviamo il nostro sciopero della fame, 
ora voi motivateci il perchè dobbiamo espiare una pena senza aver commesso un reato.”

Bile di montagna

Immagine dello striscione di Sos Geotermia
Sos Geotermia

Capita che salga la bile: leggi o senti qualcosa, che ti rimettono in moto tutte quelle cose che, negli anni, ha cacciato dentro perché c’è da sopravvivere. E allora fai il ragionevole, hai un figlio, una compagna, una casa, devi lavorare, campare per poi crepare e non sai manco perché.

Sabato 11 maggio sono andato alla manifestazione contro la Geotermia sul monte Amiata, ad Arcidosso. Quella Geotermia che è complice di quel 13% medio di morti di tumore in più, rispetto ai comuni limitrofi non geotermici e rispetto al resto della toscana, che toccano ai comuni che “ospitano” gli impianti dell’ENEL. ENEL che paga, ogni anno, qualche milione di euro di “compensazioni”, con cui si lava la coscienza – e si compra gli amministratori locali – proprio per la Geotermia.

Pochi giorni dopo, il 16 maggio, l’Unione dei comuni Amiatini, molti dei quali sono geotermici – e quindi hanno la loro doppia cifra di morti in più per tumore – hanno organizzato un incontro coi responsabili di Arpat e Ars, i centri di ricerca toscani che monitorano e studiano, tra le altre cose, proprio le questioni ambientali. A questo incontro c’erano anche molti attivisti del Coordinamento Sos Geotermia, che raccoglie molti di coloro che lottano, che da anni, questa mostruosità, e alla fine, coi loro interventi, sono riusciti a far ammettere ai signori dei centri di ricerca che NON c’è nessuna sicurezza sul fatto che la Geotermia NON sia responsabile di questo eccesso di mortalità. E quindi, dico io, secondo il Principio di precauzione, che è una legge Europea e dice, tra le altre cose:

al fine di proteggere l’ambiente, un approccio cautelativo dovrebbe essere ampiamente utilizzato dagli Stati in funzione delle proprie capacità. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale

prima di far lavorare un’attività che rischia di essere così pericolosa e dannosa, dovrebbe essere l’azienda produttrice, in questo caso l’ENEL (il cui azionista di maggioranza è un ministero della Repubblica italiana), ad assicurare in maniera inoppugnabile che la sua produzione non è dannosa. E invece no, siamo noi cittadini a dover portare queste prove, ribaltando completamente il Principio di precauzione, oltre che la logica.

Di fronte a tutto questo, che va avanti da anni con la complicità attiva ed esplicita delle amministrazioni locali, siano esse i comuni, la provincia e la regione – quindi il Pd, in primis, e i suoi alleati, che da queste parti significa Rifondazione comunista, SEL, i socialisti e via sinistrando – cosa ci offre la democratica stampa locale? Ecco un esempio su tutti, a cura dell’immensa Fiora Bonelli, colei che scrive dell’Amiata su “Il Tirreno“, del gruppo “La Repubblica“:

ARCIDOSSO L’incontro tenuto giovedì ad Arcidosso dai direttori di Ars e Arpat della regione Toscana, Francesco Cipriani e Marco Pellegrini ha illustrato lo stato dell’arte dell’Amiata geotermica: la salute del suo ambiente e quella dei suoi abitanti. Un’iniziativa istituzionale a cui hanno partecipato esponenti dei comitati antigeotermici, i quali alla fine hanno ribadito le loro convinzioni, intervenendo sia durante le relazioni che alla fine anche in modo acceso. Cipriani e Pellegrini hanno illustrato e commentato numeri e risultati di una ricerca seria e meticolosa. Alla fine, pare che non vi sia preoccupazione alcuna per l’ambiente e anzi si è detto che la qualità dell’aria dell’Amiata è la migliore della Toscana. Gli abbattitori Amis fanno la loro parte: «La rete delle centraline di qualità dell’aria di Enel Green Power è molto ampia ed è composta da 17 mezzi, che monitorano il parametro H2S. Questa rete fornisce una grande quantità di informazioni e copre praticamente tutti i centri abitati interessati dalle emissioni delle centrali geotermoelettriche. I valori di riferimento – ha detto Pellegrini- non sono mai stati superati». Per quel che riguarda gli studi epidemiologici effettuati su un ampio campione, Cipriani ha confermato che si consolida l’ipotesi che le emissioni geotermiche abbiano un ruolo marginale o assente negli eccessi delle malattie. Gli indizi rilevati fanno ipotizzare che le cause delle criticità sanitarie riscontrate nelle aree geotermiche, in particolare in quella amiatina, siano prevalentemente riconducibili a fattori occupazionali e di stili di vita, piuttosto che all’inquinamento ambientale o all’attività geotermica. È stato specificato, infatti, che in Amiata vi è fin dal 1970 una mortalità più alta rispetto al resto della Toscana, con dati rilevati in un periodo precedente, insomma, alla presenza di centrali geotermiche. Ed è stato evidenziato che da allora il disallineamento si sta riducendo. Fra l’altro vi sono malattie tumorali che non sono riconducibili all’influenza della geotermia e il cui eccesso si manifesta solo negli uomini e non nelle donne, il che lascerebbe supporre cause legate al lavoro o agli stili di vita. “La scienza neutrale di Arpat e Ars – commenta Emilio Landi, presidente della conferenza sindaci dell’Unione comuni Amiata grossetana, – ha fatto un grande lavoro, che conferma la nostra convinzione che la geotermia non è dannosa». Il confronto “medico-scientifico” fra esperti istituzionali e quelli degli ambientalisti sarà il 17 giugno. (fi.bo.)

In questo articolo c’è tutta una serie di menzogne enormi, a partire dalla cronaca della serata. In quell’occasione, infatti, i responsabili di ARS e ARPAT, esplicitamente interrogati, hanno NEGATO che

per quel che riguarda gli studi epidemiologici effettuati su un ampio campione, Cipriani ha confermato che si consolida l’ipotesi che le emissioni geotermiche abbiano un ruolo marginale o assente negli eccessi delle malattie.

E, tanto meno, che

gli indizi rilevati fanno ipotizzare che le cause delle criticità sanitarie riscontrate nelle aree geotermiche, in particolare in quella amiatina, siano prevalentemente riconducibili a fattori occupazionali e di stili di vita, piuttosto che all’inquinamento ambientale o all’attività geotermica

come dice la Bonelli. Anche perché proprio lo studio dell’ARS Toscana del 2010 (http://sosgeotermia.noblogs.org/files/2012/02/10_2010_rapporto_epidemiologico_ARS.zip) dimostra che NON possono essere gli stili di vita ad essere responsabili dell’eccesso di mortalità e per un semplice motivo: quell’eccesso c’è solo nei comuni geotermici. Nei confinanti comuni NON geotermici i valori di mortalità tornano nella norma italiana e toscana. Come mai? Ad Arcidosso si beve così tanto di più rispetto a Cinigiano (comune confinante, famoso per il suo vino DOC, il Montecucco)? E ancor di più a Castel del Piano – dove la mortalità in eccesso è del 19%, rispetto al confinante Montalcino, famoso per il Brunello? Ma fateci il piacere.

Ecco, questa è una delle situazioni in cui si trova il cittadino medio italiano, senza bisogno di andare nella (giustamente) famosa Val di Susa coi suoi NO TAV. Basta fare un salto sul Monte Amiata, al confine tra le provincie di Siena e Grosseto, governate dal Pci ed eredi fin dal lontano 1944, per scoprire che il rapporto istituzioni – cittadini è lo stesso: il sovrano fa e disfa, il cittadino sta zitto. L’unica possibilità d’azione è o lo scontro frontale, o farsi zerbino, come insegna l’insigne ex insegnante Fiora Bonelli.

Che fare? si chiedeva il pelato un centinaio di anni fa? Lottare, perché in queste condizioni arrendersi è uguale a morire, e non dico così per dire.

L’istinto disegna i contorni di fuoco e fiamme, sulle note del vecchio Manfredi:

 

E i mercanti di pornografia

faccia a faccia ai portatori

d’acqua santa

da una parte e dall’altra

dello specchio

si sono guardati

ed il boia ha chiamato a raccolta

poliziotti e trafficanti d’eroina

per festeggiare le nozze di Stato

un altro zingaro hanno impiccato

un altro zingaro hanno impiccato

Questo è lo Stato italiano, e non da ora. Quello Stato che oggi mette assieme Pd e Pdl, come ieri metteva assieme la Dc del mafioso Andreotti e il Pci del “santosubito” Berlinguer, proprio negli anni, seconda metà dei ’70, per cui il padrino Giulio è stato condannato dal tribunale di Palermo. Quegli stessi per cui il problema sono i movimenti – oggi la TAV, ieri l’Autonomia e la sinistra parlamentare in genere, a cui vengono sguinzagliati sempre gli stessi cani da guardia, Caselli su tutti.

Ecco, di fronte a questa gente, che per i suoi porci comodi, per il suo schifoso business, ti ammazza e ti avvelena senza pietà, e quando reagisci ti annichilisce – mediaticamente fin che può, con la repressione subito dopo, cosa vogliamo condividere? Come possono mai essere questi i nostri interlocutori, coloro cui andare a chiedere di cambiare le cose? Domande che, per me, sono assolutamente retoriche. Non possono essere questi i nostri interlocutori, così come non possono esserlo i loro alleati, per quanto si dipingano di “sinistra”.

I nostri interlocutori siamo noi, che dobbiamo tornare a prendere il nostro destino tra le mani, insieme, sostenendoci a vicenda, per costruire qualcosa di nuovo e diverso.

O perire.

Cosa ci insegnano i processi su Genova 2001

Logo della campagna 10x100In questi giorni sono arrivati a compimento due importanti processi relativi ai noti fatti di Genova 2001.

Nel primo la Cassazione ha condannato in via definitiva alcuni alti dirigenti della polizia italiana per la “macelleria messicana” della scuola Diaz.
Nel secondo sempre la Cassazione ha condannato in via definitiva una decina di manifestanti per “devastazione e saccheggio”, relativa agli scontri del 20 e del 21 luglio di quell’anno.

Giustizia è fatta, si dirà: la democrazia ha punito chi ha sbagliato, da una parte e dall’altra, senza guardare in faccia nessuno.

Peccato che andando a guardare un po’ più da vicino ci si accorge che le cose non stanno proprio così. Vediamo perché:

Foto degli effetti dell'irruzione della polizia nella scuola Diaz il 21 luglio 2001il 21 luglio 2001 alla scuola Diaz (consiglio la visione del bel documentario “Back block“, che a parte il titolo sbagliato è un ottimo punto di partenza per capire cosa è successo quella notte alla Diaz) qualche decina di persone è stata brutalizzata per una mezzora dalle Forze dell’Ordine, per poi essere portati in ospedale quelli che proprio rischiavano la vita (tipo gente col polmone perforato dalle costole spezzate dai calci dei poliziotti, per dire), gli altri deportati alla caserma di Bolzaneto per sparire per 4 giorni ed essere liberamente torturati, senza contatti con avvocati, familiari o conoscenti.

Per tutto questo i funzionari dello Stato sono stati condannati a qualche mese di carcere, che non hanno mai fatto, e all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Qualcuno è già andato in pensione, quindi non rischia nulla, degli altri si vedrà, visto che condanne del genere sono già state emesse ma nessun provvedimento è mai stato realmente preso.

Foto dell'attacco dei carabinieri al corteo autorizzato delle tute biancheIl 20 luglio, invece, tutti i cortei autorizzati vennero caricati e repressi violentemente, con vari gradi di reazione: dal nulla al riot pesante e prolungato. Durante quella giornata venne assassinato il ventenne Carlo Giuliani e il presunto assassino, il carabiniere Placanica è stato assolto per legittima difesa.

Una decina di manifestanti fu poi individuata, e settimana scorsa è arrivata la sentenza della Cassazione, per cui costoro sono stati condannati a pene che vanno dai 6 ai 14 anni di carcere. Per aver lanciato sassi, bottiglie incendiarie, per aver sfasciato vetrine e locali di banche, benzinai etc etc.

Più o meno questi i fatti. Non ho tanta voglia di mettermi a fare il filosofo della politica, che non ne ho gli strumenti e la voglia. Voglio solo dare sfogo alla bile che mi è salita settimana scorsa e che ancora è lì.

Logo della campagna "Turnoff G8" del 2001Io a Genova non volevo andare: con vari compagn@ si propose di mandare affanculo tutti lor signori e di fare un bel rave di 3 giorni a Varazze. Nessuno ci cacò, e alla fine molti di noi non resistettero al richiamo della foresta, al fatto che a Genova c’erano tanti fratelli e sorelle, e ci trovammo tra le mura del Media Center a fare Indymedia, Radio GAP, a tirare sassi e sfasciare vetrine. Stare a Varazze sarebbe stato molto più sensato, divertente, utile e Carlo sarebbe ancora vivo (porcoddio).

Genova quindi avrebbe dovuto insegnarci a non cadere in certe trappole, di non andare più a scontrarsi col Potere direttamente, perché non serve, non costruisci nulla e loro sono più forti e cattivi e ti fanno parecchio male. Ma il 15 ottobre dell’anno scorso a Roma dimostra che abbiamo ancora tanto da capire, e che la storia non insegna una sega.

Ora, però, mi chiedo: alla prossima manifestazione, magari non a Roma sotto i palazzi del Potere (di cui non me ne fotte una bella sega e dove non andrò mai più), ma magari a casa mia, nel mio territorio dove lotto, chessò, contro la costruzione di una linea ferroviaria inutile e dannosa ma che fa fare tanti soldi ai soliti noti; o contro centrali finte rinnovabili che ti fanno morire di tumore; se in queste situazioni, durante queste lotte, mi trovassi a dovermi scontrare contro i servi del potere, i vari sbirri che sempre arrivano per servire lo Stato, cosa mi conviene fare?

Tirargli un sasso e rischiare 14 anni da gabbio?

Laboratorio Amiata: solidarietà ai NOTAV

In questi anni abbiamo imparato che non c’è democrazia se non c’è qualcuno che la pratica, quotidianamente, tutti i giorni; abbiamo imparato che non ci sono beni comuni se non c’è qualcun@ che si attiva per difenderli, e che solo nella partecipazione si creano comunità e valori.

Con la crisi che ci divora, ci chiediamo perché lo Stato spenda 20 miliardi di euro per un treno che non serve. Con quei soldi si potrebbero pagare stipendi, pensioni, scuole, ospedali, trasporti pubblici per tutti.

Chi chiede queste cose, chi da vent’anni di/mostra che la democrazia è partecipazione e non speculazione, chi si oppone allo scempio del proprio territorio, della propria salute, chi cammina domandando, oggi viene arrestato, incarcerato, diventa “terrorista”.

Anche noi, qui sull’Amiata, nell’ex “rossa” Toscana, stiamo affrontando la distruzione del nostro territorio, lo scempio della nostra salute – a causa della Geotermia – che in nome del potere e dei soldi i soli noti chiamano “sviluppo”. Anche noi stiamo cercando di avviare percorsi di partecipazione e consapevolezza.

Per questi motivi, per la stima e l’affetto che da sempre proviamo per le donne e gli uomini del Movimento NO TAV, il Laboratorio Amiata esprime tutta la sua vicinanza e solidarietà ai 26 arrestat@ di ieri.

Laboratorio Amiata

Luglio 2001: io ricordo Genova

Immagini da Genova 2001
Normale repressione a Genova nel 2001

In questi giorni di 10 anni fa ragionavo se andare a Genova o no. La questione non era semplice, perché già sapevo che la stragrande maggioranza dei miei compagni andavano; alcuni c’erano già, a s/battersi per riuscire a strappare quello che poi diventerà il media center dalle mani dei burocrati di tutte le razze e farne quel che poi è stato: uno spazio aperto e di condivisione, libero politicamente ma anche tecnicamente, visto che già allora c’erano pc con solo GNU/Linux installato.

Ci sarebbe andata la mia compagna, e tanti amici.

Ma io non volevo andarci, ero contrario politicamente al trappolone di Genova: in molti, se non tutti, già si sapeva che sarebbe stato un trappolone; nessuno si immaginava, però, il livello di violenza espressa dallo stato; e infatti con questi si tentò di proporre un’alternativa:

TURNOFF G8: Tutti a Varazze!

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Internet, dalle apps a Wikileaks: una svolta. Verso dove?

Logo Wikileaks

Logo Wikileaks
Wikileaks

Prendo spunto da un po’ di cose che sono successe e stanno succedendo negli ultimi mesi, per cercare di avviare un ragionamento, una proposta di riflessione ma anche di azione (chi è che diceva che teoria e prassi devono sempre andare di pari passo?).

Sicuramente lo spunto principale è la faccenda Wikileaks, e tutto quello che sta succedendo da che è scoppiato il caso cablegate.

Di punto in bianco un sito importante e conosciuto come quello di Wikileaks s’è trovato sotto attacco, con lunghi momenti di buio totale, senza più dns, senza più copertura finanziaria (gli hanno chiuso il conto su paypal, la visa e la mastercard, etc etc), col solo supporto pratico della comunità hacker e di chi si occupa di libertà della rete. Sicuramente c’è stata anche una bella e pronta reazione da parte nostra, ma con che reale possibilità di incidere?

Un attacco pubblico, frontale, come non se n’erano mai visti primi – a mia memoria. Tutta la retorica della rete libera, della democrazia e bla bla bla è stata accantonata in un attimo.

Con che conseguenze per tutt@ noi?

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La droga più pericolosa? l’alcol …

Doc Nutt
Doc Nutt

In un articolo del 2009 il Proff. Nutt pubblica su “Lancet” ci racconta che la “sostanza” più dannosa della nostra epoca è il legalissimo alcol. vengono, in un decrescendo di pericolosità l’eroina, il crack, le metanfetamine, la cocaina, il tabacco, le anfetamine, e buon ottava la cannabis. Distanziate di molto le tanto terribilmente citate ketamina, l’ecstasi e in penultima posizione l’LSD.

E’ significativo notare che nel mondo, e nel nostro paese in particolare, di questa tabella sono legali la sostanza più pericolosa (l’alcol) e il tabacco. Tutte le altre sono assolutamente illegali.

Ma non solo:

Al primo posto ci sta proprio l’alcol con un buon margine di vantaggio sull’eroina e con un indice di pericolosità tre volte tanto quello della cocaina e quasi quattro rispetto a quello della marijuana. Vale anche la pena ricordare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che le bevande alcoliche siano la causa di due milioni e mezzo di morti ogni anno, mentre nel nostro Paese l’alcol provoca tra le 21 e le 25 mila morti ogni anno a fronte di alcune centinaia dovute alle altre droghe (tabacco escluso).

Questo si legge in un articolo pubblicato da Stampa Alternativa proprio quest’anno, Vino e bufale, a cura di due medici specializzati sulla materia.

Sarebbe ora che iniziassimo a fare un ragionamento serio su questo argomento, al di là della ludica – e sacrosanta – voglia di farsi una canna in santa pace.

Nutt on Lancet, drugs comparisions
Nutt on Lancet, drugs comparisions

Nascondiamo la munnezza sotto il tappeto

Migranti
Migranti

Sono successe un tot di cose nel nostro paese in questi giorni. Alcune sono state poste sotto i riflettori mediatici in maniera parossistica; altre sono state si è no accennate, per poi finire nel dimenticatoio, sotto il tappeto, appunto.

Intanto la querelle Rudy, cioè l’ennesima figliola che si sarebbe concessa a pagamento al nostro Presidente del Consiglio. Non sarà l’ultima, non è stata la prima.

Repubblica di venerdì gli ha dedicato le prime 9 (nove) pagine, con tanto di verbali, commenti, articoli, chiose, esternazioni, starnazzi, frizzi e lazzi. Gli altri giornali non li ho letti, ma alla fine manco repubblica, che ho iniziato a degnare di uno sguardo da pag. 10.

A che serve questa campagna contro Berlusca? Dovrebbe servire a spingerlo via dallo scranno del potere, facendo vedere a tutt@ quant’è corrotto – pure le minorenni! – quanto poco si interessa del paese, etc etc.

A mio modestissimo avviso il risultato è esattamente il contrario: l’italiano media – ignorante, macho, segaiolo – invidia questo over 70 ricco, scopatore, barzellettaro impenitente; “uno di noi” che ha avuto successo, che non paga le tasse ed è sboccato; fa scherzi da caserma ed è un tipo alla mano.

L’esatto contrario del politico classico, soprattutto se di sinistra: intellettuale, con la puzza sotto il naso, incomprensibile, borioso. Uno che arriva dai quartieri alti – lo si capisce appena attacca a parlare – pensate a Bertinotti, mortacci sua.

Il risultato di questa campagna – mediatica, quindi sul terreno più congeniale al Silvione  – è che sempre più gente sarà solidale con lui, attaccato da questi invidiosi di un uomo di tanto successo, in tutti i “campi”.

D’altro canto risulta strano che proprio in questi giorni si sia parlato tanto – e quasi esclusivamente – di sta fuffa, e quasi per nulla, per esempio, di altre cose, a mio avviso molto più serie e gravi. Vediamo quali.

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Dalla Serbia a Roma

Il ministro Maroni
Il ministro Maroni by UK in Italy

Fonte: Corriere della Sera.

Cito, per chiarezza:

«Il rischio di infiltrazioni nel corteo della Fiom di sabato è elevato, come hanno detto anche le analisi dei nostri servizi, ma la nostra attenzione sarà massima […]. Il rischio è – ha aggiunto il ministro dell’Interno – che alcuni gruppetti, non certo le 20 o 40mila persone che sfileranno pacificamente staccandosi vadano a spaccare vetri. L’occasione è troppo ghiotta per l’infiltrazione nella manifestazione anche da parte di gruppetti stranieri […]”.

Ma facciamoli i nomi, no?! Maroni non si esime:

“A Padova – ha detto il ministro Maroni – mercoledì alcuni esponenti di un centro sociale, tra l’altro invitati alla manifestazione di sabato, hanno occupato la sede di Confindustria padovana imbrattando i muri. Dobbiamo tutti prendere le distanze da episodi come questo”.

Allora, io non sono un fine analista politico, anzi. Sono un vecchio ingenuo, ma mi chiedo come sia possibile che il Sig. Maroni sia ancora ministro dopo quello che è successo martedì, con qualche centinaio di fascisti serbi che si sono praticamente impossessati di una città e di uno stadio indisturbati. Chissà, forse al ministro legaiolo sentir parlare di nazionalisti, di cetnici, di indipendentisti, di fascisti insomma, non crea grossi problemi di “ordine pubblico”. E così questi “signori” sono partiti indisturbati da Belgrado e dintorni, su comodi autobus, hanno attraversato TUTTA la Padania (a noi!), sono arrivati a Genova e hanno fatto il beato cazzo che gli pareva: hanno attaccato gli sbirri per strada, hanno provocato scontri e poi, arrivata l’ora di andare allo stadio, ci sono entrati senza problemi, con tanto di razzi, fumogeni, cesoie, coltelli e ammennicoli vari.

Io se entro allo stadio, mi tolgono pure il tappo dalla bottiglia d’acqua, si sa mai che la lanci verso Viviano…

Quando invece a manifestare sono i pericolosi comunisti (ohhhh!), o peggio ancora gli “estremisti” (cioè tutti coloro che stanno a sinistra di Vendola), allora a quel punto le informative dei servizi diventano scritte sulla pietra, il pericolo “altissimo”, e l’allerta massima.

Buffo, no?

Dell’omicidio di Giorgiana Masi e del suo mandante, Kossiga (boia!)

Giorgiana Masi

Giorgiana Masi
Giorgiana Masi

In questi giorni di lutto bipartisan, come si dice oggi – che in italiano popolare si può comodamente tradurre in “paraculo” – abbiamo sentito, anzi, avete sentito dire quanto era bravo e buono ed illuminato e colto e profondo e potente quel pezzo di merda di Francesco “Boia” Kossiga.

Non servirà a nulla, ma voglio dilettarmi in un delle mie più antiche passioni, e cioè la storia, ed in particolare la storia dei movimenti negli anni ’70.

Una di queste possibili storie è quella di Giorgiana Masi, giovane femminista simpatizzante dei Radicali (allora era possibile, per quanto oggi possa apparire incredibile ad un giovane…), che decise, il 12 maggio 1977, di partecipare ad una manifestazione non autorizzata dal ministro dell’interno, giust’appunto Francesco “Boia” Kossiga. Non autorizzata come tutte le altre possibili nella capitale, dopo la morte dell’agente Passamonti in alcuni scontri di piazza.

Maggio ’77, quindi, in pieno “governo delle astensioni”, monocolore Dc guidato dal mafioso Andreotti Giulio grazie all’astensione in parlamento dei Compagni del Partito Comunista Italiano (a noi!).

Fin dal primo pomeriggio la tensione è molto alta. A quanti difendono il diritto di manifestare con brevi cortei e fortunose barricate, le forze di polizia rispondono sparando candelotti lacrimogeni e colpi di arma da fuoco. Anche numerosi fotografi, giornalisti, passanti e il deputato Mimmo Pinto sono picchiati e maltrattati. Con il passare delle ore la resistenza della piazza si fa più decisa, e vengono lanciate le prime molotov. Mentre nelle strade sono in corso gli scontri, i parlamentari radicali protestano alla Camera contro le aggressioni e le violenze della polizia, fra gli insulti di quasi tutte le forze politiche. Mancano pochi minuti alle 20 quando, durante una carica, due ragazze sono raggiunte da proiettili sparati da Ponte Garibaldi, dove erano attestati poliziotti e carabinieri. Elena Ascione rimane ferita a una gamba. Giorgiana Masi, 19 anni, studentessa del liceo Pasteur, viene centrata alla schiena. Muore durante il trasporto in ospedale”.

(http://www.reti-invisibili.net/giorgianamasi/)

Sono subito chiare le responsabilità delle forze del dis/ordine, polizia in testa – e quindi ministero dell’interno, e subito il clima si intorbidisce grazie a silenzi, omertà e tutta la merda vile e fascista tipica delle istituzioni italiane in quegli anni e non solo.

Tutto ciò non basterà, per fortuna, a fermare la verità storica, ormai appurata grazie a testimonianze dirette, foto e video.

Le chiare responsabilità emerse a carico di polizia, questore, Ministro dell’Interno, porteranno il governo a intessere una fitta trama di omertà e menzogne. Cossiga, dopo aver elogiato il 13 maggio in Parlamento “il grande senso di prudenza e moderazione” delle forze dell’ordine, modificherà più volte la propria versione dei fatti. Costretto dall’evidenza ad ammettere la presenza delle squadre speciali – tra gli uomini in borghese armati furono riconosciuti il commissario Gianni Carnevale e l’agente della squadra mobile Giovanni Santone – continuerà però a negare che la polizia abbia sparato, pur se smentito da vari testimoni e dalle inequivocabili immagini di foto e filmati”.

( http://www.reti-invisibili.net/giorgianamasi/)

Emergono così le vicende delle squadre speciali di Kossiga (boia!), agenti di polizia camuffati da sbirri, che pistole alla mano iniziano a sparacchiare ad altezza d’uomo.

Un video dei radicali sarà ancora più chiaro, con nomi e cognomi e la viva (allora) voce del ministro dell’interno, Francesco “Boia” Kossiga:

Mi fermo, non c’è bisogno di dilungarsi su questa storia, ampiamente e efficacemente  racconta sulla rete, con foto e dovizia di particolari. Mi accontenterò di qualche link.

Lascio con le parole illuminanti del Presidente, come tutti lo chiamano, rilasciate nel 2008 al Quotidiano Nazionale durante le proteste del movimento studentesco dell’Onda:

“Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interni. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Le forze dell’ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli a sangue e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì”.

(http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/10/23/%C2%ABvoglio-sentire-il-suono-delle-ambulanze%C2%BB/)

Purtroppo è morto… solo ora, e senza soffrire neanche un minimo di quello che avrebbe meritato.