Dell’omicidio di Giorgiana Masi e del suo mandante, Kossiga (boia!)

Giorgiana Masi

Giorgiana Masi
Giorgiana Masi

In questi giorni di lutto bipartisan, come si dice oggi – che in italiano popolare si può comodamente tradurre in “paraculo” – abbiamo sentito, anzi, avete sentito dire quanto era bravo e buono ed illuminato e colto e profondo e potente quel pezzo di merda di Francesco “Boia” Kossiga.

Non servirà a nulla, ma voglio dilettarmi in un delle mie più antiche passioni, e cioè la storia, ed in particolare la storia dei movimenti negli anni ’70.

Una di queste possibili storie è quella di Giorgiana Masi, giovane femminista simpatizzante dei Radicali (allora era possibile, per quanto oggi possa apparire incredibile ad un giovane…), che decise, il 12 maggio 1977, di partecipare ad una manifestazione non autorizzata dal ministro dell’interno, giust’appunto Francesco “Boia” Kossiga. Non autorizzata come tutte le altre possibili nella capitale, dopo la morte dell’agente Passamonti in alcuni scontri di piazza.

Maggio ’77, quindi, in pieno “governo delle astensioni”, monocolore Dc guidato dal mafioso Andreotti Giulio grazie all’astensione in parlamento dei Compagni del Partito Comunista Italiano (a noi!).

Fin dal primo pomeriggio la tensione è molto alta. A quanti difendono il diritto di manifestare con brevi cortei e fortunose barricate, le forze di polizia rispondono sparando candelotti lacrimogeni e colpi di arma da fuoco. Anche numerosi fotografi, giornalisti, passanti e il deputato Mimmo Pinto sono picchiati e maltrattati. Con il passare delle ore la resistenza della piazza si fa più decisa, e vengono lanciate le prime molotov. Mentre nelle strade sono in corso gli scontri, i parlamentari radicali protestano alla Camera contro le aggressioni e le violenze della polizia, fra gli insulti di quasi tutte le forze politiche. Mancano pochi minuti alle 20 quando, durante una carica, due ragazze sono raggiunte da proiettili sparati da Ponte Garibaldi, dove erano attestati poliziotti e carabinieri. Elena Ascione rimane ferita a una gamba. Giorgiana Masi, 19 anni, studentessa del liceo Pasteur, viene centrata alla schiena. Muore durante il trasporto in ospedale”.

(http://www.reti-invisibili.net/giorgianamasi/)

Sono subito chiare le responsabilità delle forze del dis/ordine, polizia in testa – e quindi ministero dell’interno, e subito il clima si intorbidisce grazie a silenzi, omertà e tutta la merda vile e fascista tipica delle istituzioni italiane in quegli anni e non solo.

Tutto ciò non basterà, per fortuna, a fermare la verità storica, ormai appurata grazie a testimonianze dirette, foto e video.

Le chiare responsabilità emerse a carico di polizia, questore, Ministro dell’Interno, porteranno il governo a intessere una fitta trama di omertà e menzogne. Cossiga, dopo aver elogiato il 13 maggio in Parlamento “il grande senso di prudenza e moderazione” delle forze dell’ordine, modificherà più volte la propria versione dei fatti. Costretto dall’evidenza ad ammettere la presenza delle squadre speciali – tra gli uomini in borghese armati furono riconosciuti il commissario Gianni Carnevale e l’agente della squadra mobile Giovanni Santone – continuerà però a negare che la polizia abbia sparato, pur se smentito da vari testimoni e dalle inequivocabili immagini di foto e filmati”.

( http://www.reti-invisibili.net/giorgianamasi/)

Emergono così le vicende delle squadre speciali di Kossiga (boia!), agenti di polizia camuffati da sbirri, che pistole alla mano iniziano a sparacchiare ad altezza d’uomo.

Un video dei radicali sarà ancora più chiaro, con nomi e cognomi e la viva (allora) voce del ministro dell’interno, Francesco “Boia” Kossiga:

Mi fermo, non c’è bisogno di dilungarsi su questa storia, ampiamente e efficacemente  racconta sulla rete, con foto e dovizia di particolari. Mi accontenterò di qualche link.

Lascio con le parole illuminanti del Presidente, come tutti lo chiamano, rilasciate nel 2008 al Quotidiano Nazionale durante le proteste del movimento studentesco dell’Onda:

“Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interni. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Le forze dell’ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli a sangue e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì”.

(http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/10/23/%C2%ABvoglio-sentire-il-suono-delle-ambulanze%C2%BB/)

Purtroppo è morto… solo ora, e senza soffrire neanche un minimo di quello che avrebbe meritato.