Dopo tanti anni ho ripreso in mano il bel libro del grande Hakim Bey, T. A. Z., pubblicato nell’ormai lontano 1993 per i tipi della Shake. Un libro che per me fu una delle grandi svolte intellettuali (si fa per dire …) della mia vita: ero nel periodo di transizione dall’autonomo leoncavallino duro e puro (anche qui, si fa per dire …), verso … boh, qualcosa che oggi definirei libertario. Un percorso lungo, che non è ancora finito (per fortuna …), che mi ha portato a rivedere tante cose, quasi tutte quelle fondanti, dal punto di vista dell’identità, rispetto al periodo precedente: il definirsi comunista, avere nell’organizzazione (non nel partito, giammai, che da noi il partito E’ il PCI, ed un autonomo ha proprio il PCI come uno dei principali nemici… e viceversa, ovviamente! Poi con gli anni mi accorsi che dire organizzazione e dire partito era sostanzialmente parlare della stessa cosa usando etichette diverse) il centro della propria attività, vedere nella rivoluzione russa l’inizio di un ciclo di lotte vincenti… e tante altre…
Ieri sera eravamo a cena da amici – più che amici conoscenti, i genitori di una compagna di classe di mio figlio; persone molto diverse da noi, ma con cui c’è un buon feeling – e chiacchierando con loro siamo arrivati all’argomento religione. Lui, infatti, sta facendo una scuola in Inghilterra (lui è inglese, lei tedesca) per diventare insegnante di religione (!!). Chiacchierando di questa scuola, del culo che gli stanno facendo – con lezioni di storia DELLE religionI, di pedagogia, di sociologia; con un tirocinio pesantissimo in classi difficili – siamo arrivati a parlare di religione, etica, insegnamento e della grossa differenza del viversi sulla pelle la presenza di Santa Romana Chiesa da italiani e da stranieri.
Insomma, tante chiacchiere interessanti, e poi lui se ne esce con un discorso per me illuminante: vedi – mi dice – io sono cristiano, ma sono anche sufi. Sufi non è una religione, non è una corrente eretica dell’Islam, come tutti dicono, perché è posteriore alla nascita dell’Islam. E’ una piccola corrente filosofica, mistica, che da sempre si è adattata a vivere nelle varie religioni che ha incontrato, prendendone gli aspetti positivi e rifiutando quelli negativi. Non è un caso che è una filosofia che è sempre stata combattuta dal potere religioso, perché le Religioni ufficiali, quelle con la R maiuscola, quelle istituzionalizzate, in realtà non hanno più nulla a che fare con la religione, con l’aspirazione spirituale che è intrinseca nell’uomo, ma sono lo sclerotizzarsi di un percorso nato per dare risposte a quell’aspirazione. Già alla seconda generazione si ha questa sclerotizzazione, con l’istituzionalizzazione del percorso e la nascita di strutture gerarchiche, di potere e tutta la merda che vediamo quotidianamente.
Mentre parlava (quella sopra è una mia reinterpretazione ex-post, non necessariamente precisa, ma rende l’idea di quello che lui diceva e di quello che io percepivo) mi sono guardato con la mia compagna, stupiti: pochi giorni prima, commentando il nuovo movimento degli studenti, siamo arrivati a parlare di rivoluzione, e di come nella storia moderna (cioè quella che parte bene o male dalla rivoluzione inglese del 1640) non ci sia una rivoluzione che abbia mantenuto quello che prometteva e, anzi, che non abbia portato più oppressione e violenza e potere di prima. L’unica eccezione, pensavo ieri sera sfogliando – non a caso – T. A. Z., è stata in qualche modo la Rivoluzione Spagnola, che infatti è finita stritolata dall’abbraccio mortale del nazi-fascismo da una parte e del comunismo stalinista dall’altra (abbraccio sancito nel 1939 col patto Molotov – Ribbentrop, e che avrebbe poi iniziato a stritolare anche l’Europa democratica; e ci sarebbe pure riuscito, se non fosse stato per la follia strategica di Hitler nel 1941)
Buffo vedere quante analogie ci siano nel percorso delle varie religioni – quelle monoteiste in particolare – e in quello delle varie rivoluzioni moderne: come se nella svolta dall’epoca pre-moderna, pre-industriale a quella industriale, il ruolo salvifico, millenarista, della religione fosse passato all’idea di rivoluzione comunista.
Contro questo meccanismo sta la riflessione anarchica e libertaria, che nel mio piccolo e modestissimo caso si è risolta non con la lettura dei classici, ma con la lettura del libro del buon Hakim Bey, di cui sopra 🙂 E ad un certo punto, all’inizio della versione italiana del libro, il Nostro lo dice chiaramente: abbandonate l’idea di rivoluzione, perché alla fine non vi porterà ad altro se non ad un nuovo potere, una nuova classe dirigente, una nuova oppressione.
“Sollevazione, o la forma latina insurrezione, sono parole usate dagli storici per etichettare rivoluzioni fallite, movimenti che non si conformano alla curva prevista […]: rivoluzione, reazione, tradimento, la fondazione di uno Stato più forte e ancora più opprimente…
Esatto, ecco cosa è accaduto nella storia dell’umanità dal 1640 ad oggi: ad ogni tentativo rivoluzionario ci siamo trovati con rivoluzione, reazione, tradimento, la fondazione di uno Stato più forte e ancora più opprimente… Ecco perché il termine insurrezione fa tanta paura al potere: perché prefigura la volontà di andare oltre, di non replicare il già visto ma tentare nuove strade, provare a vivere nella quotidianità il cambiamento, senza dover aspettare il (millenaristico) sol dell’avvenire…
Surgo: alzarsi, sorgere; insurgo, alzare, sollevarsi. Un prendersi cura di se stessi, dei propri interessi, un tirarsi assieme. Oggi, ora.
quel libro è come una dinamite: ti apre la mente.
poi sta a te decidere di lasciare tutto lì per terra o riorganizzarsi le idee