Si parlava altrove di "mele marce" e "spirito d'appartenenza".
Dietro a tutto ciò, ovviamente, c'è una storia, una tradizione.
Anzi, una Tradizione.
Buona lettura:
La polizia li chiamava «Vendicatori della notte» Erano specializzati nel pestaggio dei detenuti
LE RIVELAZIONI DELL’EX CAPO DEI NOCS SALVATORE GENOVA
«Squadre di torturatori contro i terroristi rossi»
Padova: quei brigatisti seviziati alla Celere dopo la liberazione del generale
americano
La polizia li chiamava «Vendicatori della notte» Erano specializzati nel pestaggio dei detenutidi ENZO BORDIN
La fonte è il mattino di Padova di domenica scorsa
LE RIVELAZIONI DELL’EX CAPO DEI NOCS SALVATORE GENOVA
All’operazione antiterrorismo erano pure presenti alcuni agenti della Cia, peraltro mai identificati. In primo grado (presidente del tribunale Francesco Aliprandi) gli imputati vennero condannati per lesioni volontarie nei confronti del brigatista Cesare Di Lenardo, e un sottufficiale di polizia fu incriminato in aula per falsa testimonianza. In appello l’accusa a carico degli imputati fu derubricata in abuso d’autorità e poi prescritta in Cassazione.
nella polizia, corpi speciali,]soprannominati “I vendicatori della
notte” e “I cinque dell’Ave Maria” specializzati nell’esercitare torture e sevizie sugli arrestati», sostiene Genova. Un passato da parlamentare, fu tra i poliziotti in servizio nel luglio 2001 al G8 del capoluogo ligure: «In quell’occasione i superiori ci hanno lasciato in cinquanta davanti a ventimila. Posso permettermi di svelare dopo 30 anni di servizio alcuni dei mali profondi della polizia», rileva, raccontando di aver pure denunciato a più riprese, a chi di dovere, l’esistenza delle «squadrette».
Tornando al trattamento usato coi carcerieri del generale Dozier, secondo l’ex capo dei Nocs almeno cinque brigatisti vennero sottoposti a torture nella sede del reparto mobile di Padova: legati, ad occhi bendati, e obbligati a bere abbondanti ,dosi di acqua e sale, una tortura all’«algerina» come solevano fare i francesi dell’Oas contro il fronte di liberazione. Fra destinatari di tale trattamento anche il Br Antonio Savasta. Ecco cosa Genova riferisce sul punto riportando il commento dell’allora capo della colonna brigatista veneta: «Ma perché continuano a torturarci se stiamo collaborando?». Savasta fu pure «narcotizzato con siero della verità», come documentato da Gianni Riotta, allora giornalista del «Manifesto», il 12 febbraio 1982.
Ma negli «esercizi di stile» in fatto di tortura si sarebbero verificate sevizie peggiori. L’avvocato Antonio Lovatini, patrono di parte civile per Di Lenardo al processo contro i Nocs, ricorda che al suo assistito «ruppero un timpano» e «bruciarono testicoli e pene». E venne pure sottoposto ad una «finta fucilazione, nudo e con secchiate d’acqua gelida». Il 27 febbraio 1982, Magistratura democratica riunì l’esecutivo a Bologna elaborando un documento che, letto a posteriori, suona assai significativo: «C’è il dovere di procedere sempre tempestivamente d’ufficio alle opportune indagini e agli esami medico-legali necessari per accertare se arrestati e detenuti abbiano subito illecite violenze», affermarono i giudici della componente progressista. Da parte sua, l’irriducibile Di Lenardo uscirà presto dal carcere per fine pena.
PARLA IL DIFENSORE DI CESARE DI LENARDO
«Nudo, pesto, poi la finta fucilazione»
Il penalista Lovatini: anche le donne delle Br sottoposte ad abusi e violenze
Però il discorso torture non si ferma a Padova. «Le squadrette sono nate alla fine degli anni Settanta, dopo l’uccisione del magistrato genovese Coco per mano delle Br. E a Siena, dal 22 al 25 febbraio 1982 Fornoni, ex Prima Linea, venne appeso per diverse ore ad una corda, completamente nudo. Gli spremettero i genitali con le pinze e gli infilarono aghi sotto le unghie dei piedi. La squadra era di Roma».
Ma successero altri fatti inquietanti. «Ai difensori pervennero, presso il Consiglio dell’Ordine, lettere anonime con minaccia di morte. Durante tutto il processo di Padova, il portone del tribunale fu picchettato da una decina di poliziotti che volantinavano a favore di Genova e dei Nocs. Il pm Borraccetti e il presidente Aliprandi però non si lasciarono intimidire. Certo, esistevano anche violenze più raffinate. Alle brigatiste, in carcere a Voghera e Latina, non davano da leggere un libro completo bensì solo dieci pagine da restituire in cambio di altre dieci. E in bagno avevano una telecamera costante, con luce accesa giorno e notte». (e.b.)
Sono tornato dalle ferie solo lunedì. Ho ancora da ri-ambientarmi… 😉
scrivi un po’ piu’ spesso, polentone! 😉