De coccio

Sarà che oggi mi girano particolarmente i coglioni per lo sgombero del CSOA Garibaldi di Milano, sarà che dopo tanti anni non se ne può più di leggere sempre le stesse minchiate dai soliti noti.

Ma mi chiedo lo stesso, è possibile che un giornalista di un "quotidiano comunista", che è stato nel collettivo di gestione di uno dei più importanti collettivi dell’antagnonismo informatico italiano continui a parlare del software libero come di " programmi informatici no-copyright" e "il sistema operativo Linux e programmi applicativi non sottoposti a copyright"?!?!

Si, è possibile:

"Il codice aperto entra nelle aule di New Delhi

Nelle scuole dell’India solo programmi
informatici no-copyright, mentre i nuovi libri di testo saranno scritti
in collaborazione con la «Free software foundation»
BenOld

Il paese leader nella produzione in
outsourcing di software punta la barra verso i programmi informatici
open source. Il governo ha infatti deciso che dal prossimo marzo tutte
le scuole pubbliche devono usare il sistema operativo Linux e programmi
applicativi non sottoposti a copyright. Il paese è l’India e la
decisione ha una sua importanza perché è la nazione che vede il maggior
numero di imprese che producono prodotti per l’informatica mondiale.
Per
l’immediato una delle conseguenze di questa decisione riguarda il
consolidamento delle imprese open source e il simmetrico indebolimento
dei difensori neoliberisti della proprietà intellettuale in Asia.
Nel
provvedimento del ministero dell’educazione indiano, il ministro dà
l’incarico allo «State Council Educational Research and Training», alla
Free Software Foundation India e al consorzio It@School Project di
stilare i nuovi testi per l’insegnamento dell’informatica nelle scuole
di primo e secondo grado (l’equivalente delle elementari, medie e i
primi due anni delle superiori).
Nessun commento, per il momento, da
parte della Microsoft India, una delle imprese più colpite dal
provvedimento. Negli ultimi anni la società di Bill Gates ha investito
molto in India, aprendo centri di ricerca e stabilendo partnership con
alcune prestigiose università del paese, come quella di New Delhi,
Mumbai e con il parco scientifico di Bangalore, considerato l’epicentro
di una regione industriale paragonabile alla statunitense Silicon
Valley.
La promozione del marchio Microsoft si inseriva però in un
contesto svantaggiato, perché l’India ha sempre guardato con favore,
prima in ambito accademico, poi in quello imprenditoriale, alle critica
di Richard Stallman e Eric Raymond alla proprietà intellettuale.
Inoltre,
il ritorno in patria di molti giovani ingegneri e fisici che aveva
scelto gli Stati Uniti per conseguire master, dottorati o trovare
lavoro nell’high-tech non è solo un indice statistico nella
«circolazione dei cervelli» su si cimentano studiosi come Manuel
Castells. Semmai ha coinciso con la diffusione quell’ambivalente
attitudine critica verso la proprietà intellettuale. Tornati, infatti,
in patria hanno «portato» con loro l’esperienza accumulata negli Stati
Unti, ma comunque segnati dalla vocazione antimonopolista e
genericamente libertaria che ha caratterizzato per anni la produzione
capitalista di software negli Usa.
Una volta in India hanno dunque
promosso imprese «open source»; oppure hanno fondato aziende che
producevano in outsourcing programmi informatici utilizzando
piattaforme «open source». Per la Microsoft, insomma la strada era in
salita, al punto che la sua fondazioen ha cominciato a diffondere
gratuitamente nelle scuole i suoi «pacchetti software». Ieri, infine la
decesione del governo a favore dell’open source."
 

A questo punto non è più questione di ignoranza (che cmq non è da sottovalutare), che gli è stato detto in tutte le salse, ma proprio di una scelta, vai a sapere di che tipo. Oppure il Vostro eroe pensa che stare a spiegare che il software libero E’ copyright, e quindi tutela il diritto d’autore, ma permette il più largo utilizzo possible, facendo si che chi usa un qualcosa rilasciato sotto licenza libera ci può fare quello che vuole eccetto che renderlo proprietario, spiegare quanto ho scritto in queste due righe sia troppo difficile perché, evidentemente, i lettori de il manifesto sono degli idioti.

Non solo, ma il Vostro continua pure a confondere "software libero" e "open source", nonostante:

http://www.gnu.org/philosophy/free-software-for-freedom.it.html

Non stiamo parlando di pelo nell’uovo, ma di sostanza, sostanza politica.

Ben, mò basta! 

4 risposte a “De coccio”

  1. Approfitto della breve e precisa risposta di caparossa per ribadire proprio quello che ho accennato forse troppo brevemente nel mio primo commento. Parlare in questi termini, riconoscendo abbastanza chiaramente che si sta dicendo una cosa sbagliata, e’ per ma una precisa scelta “politica” che da una parte, ahime’, punta ancora una volta a abbassare il livello per venire incontro alle semplificazioni delle masse, mentre dall’altra, da nuovamente spazio ad affermazioni fuorvianti. Questo secondo aspetto e’ ancora peggiore se lo si considera proprio nell’ottica di attribuire delle posizioni politiche che non esistono. Un po’ come dire che anche se questi “ragazzi” del software libero non lo dicono, sotto sotto siamo tutti compagni e ci fa schifo il copyright. L’analisi sul senso di proprietario o meno, poi, non puo’ che far sorridere perche’ conferma ancora una volta la scelta di “appropriarsi” di qualcosa che non ci appartiene, semplificandolo erroneamente fino al punto di renderlo uguale a quello che, forse, ci piace. Tristezza…

  2. Il punto è che tu sai, dici di sapere, che il software libero E’ copyright, tanto che RMS si è inventato il termine “copyleft”.

    Non dirlo, ma anzi continuare a dire “programmi non sottoposti a copyright” non è semplicemente sbagliato, ma sta a significare che tu vuoi “cavalcare” il moto spontaneo “contro il copyright” che c’è soprattutto tra ” i ggiovani”.

    Legittimo, ci mancherebbe, e pure giusto, da moltissimi punti di vista.
    Ma scorretto, quando parli di software libero, soprattutto perché in questo modo dai al movimento un taglio politico che non c’è.

    Poi tu sei liberissimo di fare quello che vuoi, ci mancherebbe, ma non sdegnarti se qualcuno sottolinea questo tuo atteggiamento…

  3. Caro Capa,
    sulla differenza tra free software e open source ho scritto talmente tante righe che non ne posso quasi più. potrei sempre fare un inciso, quando scrivo, e rinivare a qualche link dove il lettore trova tutte le specifiche. So che la gpl (in tutte le sue versione, fino alla 3) specifica beneissimo che è una licenza che regola diversamente il diritto d’autore rispetto alle leggi vigenti, come anche i creative common per quanto riguarda altri materiali. So che tra open e free spesso ci sono scintille su drm e sulla tendenza degli open a fare business. E via elencando. Ma tuttavia è diventata norma che quando si scrive su un carta non sempre si possono fare gli adeguati rinvii. Posso solo dire che è diventata una convenzione socialmente accettata scrivere di software sottoposti a copyright intendendo con ciò i programmi vincolati alle leggi sul diritto d’autore, mentre quelli liberi seguono altre regole (gpl e simili). E’ una convenzione e come tale può fare confusione. In passato ho usato le espresioni “software proprietario” e “non properietario”, ma c’è stato un compagno che ha obiettato che tanto il free che l’opern non prefiguarano l’assenza di proprietà individuale. Discussione interessante, che echeggia alcuni scritti di Stallman.
    La prossima volta proverò a stare più attento.
    Hai invece totalmente ragione sul Garibaldi, ma la redazione di Milano si è giustificata dicendo che c’era un articolo sulla pagina milanese.
    Un abbaccio

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