Il mondo va al contrario, non riesco a pensare ad altro in questio giorni, ragionando su quanto è successo con la morte del tifoso della Lazio di domenica 11 novembre.
A me parrebbe che anche a logica qualcosa non torni:
un uomo ne uccide un altro, sparandogli. Senza che questi lo stia minacciando in alcun modo. Senza che questi stia minacciando nessun altro. Senza che questi, tra l’altro, abbia la possibilità di fuggire, visto che si trova in autostrada e la polizia dovrebbe avere i mezzi per poterlo rintracciare velocemente, senza grossi problemi.
E’ a casa sua, libero (il che, per quanto mi riguarda, non è un problema, visto che considero la galera una cosa da abolire tout court).
Altri uomini e donne, sull’onda di quanto successo sopra, per protestare si mettono a sfasciare cose, senza per questo causare reale pericolo per la vita delle persone.
Sono in galera, e non ne escono.
Il primo uomo, oltrettutto, non è una persona "normale", ma un poliziotto, cioè una di quelle persone autorizzate ad usare la violenza istituzionale, in teoria per salvaguardare l’ordine pubblico, l’ordine democratico, si sarebbe detto in altri tempi, parecchi decenni fa.
Logica vorrebbe, a mio avviso, che un’azione del genere venisse severamente stigmatizzata, anche se si trattasse di una caso isolato.
Ma così non è:
l’omicidio (perché di questo si tratta) viene da più parti definito un "errore" anche se, cosa ben più grave, non si tratta di un’eccezione.
Se infatti si legge questo, si scropre che dall’istituzione della "legge Reale"(tra i tanti possibili, http://tinyurl.com/24e9eq) fino al 1989 sono morte 625 persone in casi simili a quelli di domenica, e nella stragrande maggioranza dei casi gli assassini, cioè gli appartenenti delle forze dell’ordine, non hanno subito nessun reale ripercussione legale.
Dal 1989 ad oggi non ci sono dati, purtroppo, ma sul manifesto di qualche giorno fa è uscito un articolo, che ci fa intuire che le cose non sono cambiate di molto (n.b. buffo che a livello istituzionale non ci siano dati statistici su questi "incidenti"…).
Come mai una tale strage non ha portato a nessun intervento, non dico istituzionale, ma almeno a nessuna presa di posizione forte da parte dei partiti della "sinistra radicale", in questi anni?
Forse perché la "legge Reale" l’hanno voluta e fatta passare anche loro…
Le vittime.
Chi sono le vittime di questo ennesimo episodio di "incidente Reale"?
Un tifoso della Lazio, un giovane di 26 anni.
Ma non il "classico" ultrà mediatico, quindi non (ancora?) una bestia assetata di sangue umano, pronto a sprangare la vecchina solo per il gusto di produrre violenza fine a se stessa, no. Ma un giovane di buona famiglia, un ragazzo di destra, ma non un estremista, dj noto nella capitale, amico di potenti e famosi.
E qui inizia ad incepparsi il meccanismo, perché finché a morire sono minorenni delle periferie napoletane, sti cazzi, possono morire anche tutti; finché a morire sono persone così pericolose da non fermarsi ad un posto di blocco; finché a morire sono zingari (puah!) o Clandestini (Ahhhhh!!), che muoiano tutti, un trafiletto a pag. 51 del giornale, la coscienza (!?) è pulita, e si tira avanti senza grossi problemi.
Ma questi, cazzo, sono dei Parioli, mica di Secondigliano! Sono amici dei giovani miliardari pallonari della Lazio, mica merde del Cep. Sono i dj di Forza Italia, mica rumeni, e quindi violentatori e ladri!!
E quindi che si fa, per riparare ad una situazione che rischia di diventare grossa?
Sono ultras, ecco cosa sono.
E qui apriamo una piccola digressione, a mio avviso significativa:
quando le "forze dell’ordine" sono coivolte in qualche "crimine" (cosa che accade spesso e volentieri, ma la stampa non gli da poi troppo risalto…), subito parte l’antifona su le mele marce da punire per salvare l’onorabilità di bla bla e bla bla.
Il che, detto per inciso, sarebbe pure giusto, da un punto di vista giuridico: il reato, se penale, è individuale, e quindi va individuato chi e come compie il reato e bona l’è.
Mai però che si vada a cercare la continuità e, soprattutto, la contiguità del reato, mai che si vada a cercare un filo storico di quello che succede quando a delinquere (!!) sono appartenenti alle "forze dell’ordine".
Cosa succede, invece, quando a compiere reati sono soggetti marginali (o da marginalizzare)?
Alé, cambio di marcia, ed eccoci di fronte AGLI ultrà, AI rumeni, AGLI zingari, AI terroristi e bla bla bla.
E via con la cronostoria genealogica (spesso fantasiosa, come nel caso della zingara accusata di aver rapito una bambina in spiaggia l’estate scorsa: cosa che non era accaduta e, attenzione, cosa di cui non c’è traccia nei dati del ministero degli interni quando si parla di rom. Ma per la gente di quella spiaggia NON poteva che trattarsi di un rapimento e NON poteva che trattarsi di una zingara, ad averlo compiuto) dei malfattori, che non sono più degli individui ad avere compiuto un reato, ma una categoria di soggetti che, ovviamente, delinquono, in quanto tali.
Nel caso in questione ecco che la stampa, appena saputo del fatto, lancia agenzie su "scontro tra tifosi della lazio e della juve: un morto". E così via fino ad ora di pranzo di domenica, così quando iniziano a girare le smentite, gli stadi sono già pieni, e non si può fare marcia indietro e la notizia si è già sparsa e si scatena l’inferno, come è ovvio.
Come è ovvio.
Ma perché è ovvio, bisognerebbe chiedersi?
Tutti coloro che hanno avuto a che fare col mondo delle curve sanno che il livello di tensione tra forze dell’ordine e curva è altissimo, al linite dell’esplosione. Sanno quali sono i rapporti, i meccanismi che si sono avviati tra sbirri e ultra sì da portare lo scontro a livelli altissimi.
Per rispondere a queste domande bisognerebbe avere il polso della situazione. Quindi bisognerebbe conoscere le curve, la loro composizione sociale e politica. Bisognerebbe, soprattutto, aver voglia di conoscerlo, il fenomeno, a prescindere da facili giudizi moralistici.
E qui casca l’asino, perché i nostri governanti, volendo, queste (ed altre) informazioni ce le avrebbero, da anni e in abbondanza: dall’Osservatorio Nazionale sulle manifestazioni sportive del Ministero degli Interni al Progetto Ultrà di Bologna, attivo dal 1995 (!!).
E invece nulla, apparentemente le istituzioni sanno reagire a questi fenomeni, a queste situazioni con un solo vocabilario: quello della repressione.
E anche maldestramente, visto che a ora di pranzo si vede una conferenza stampa con Questore di Arezzo che parla di errore e cerca di insabbiare l’accaduto; con il Questore di Roma alle 18 non ha ancora sospeso la partita dell’Olimpico, facendo così in modo di far affluire attorno allo stadio i tifosi (toh, che caso…), con tutto quello che ne consegue e che ne è derivato. Con la polizia della Capitale che non riesce a fermare qualche decina di ultrà, tanto che questi riescono ad assaltare le caserme e a bruciarne dei mezzi (che manco nel il 12 marzo 1977, passato alla storia per le tante sparatorie avventue, ma in nessun caso nessun assalto alle caserme, anche se a scontrarsi erano migliaia e migliaia di persone non c’è stato nessun assalto alle caserme, anche se a scontrarsi erano migliaia e migliaia di persone).
Insomma, tutta una serie di cose che porterebbero, il condizionale è d’obbligo, a pensare che chi si occupa di ultras e di ordine pubblico è quanto meno un incompetente.
A meno che…
E già, a meno che, come temo, chi si occupa di ordine pubblico e di ultras sia tutto fuorché incompetente e, anzi, quanto successo l’11 novembre sia stato un incidente caduto a pennello per dare una "sterzata" ad un mondo, quello ultras, ormai considerato non più sopportabile in un mondo, quello del "calcio", in cui l’unica norma valida oggi è il business e solo il business.
Io non sono un espertone e non ho voglia di andare a scartabellarmi tutta internet per cercare i riferimenti (che ci sono, quindi se li volete cercateveli), ma a memoria mi vengono in mentea (a casaccio):
- diritti tv;
- la questione degli stadi, che le grandi società vogliono fare ex novo in stile mega centro commerciale + grande stadio all’americana, cioè costoso, per la middle class, e gli altri a casa con la paytv (vedi "diritti tv");
- doping;
- campionato professionistico europeo, sempre sullo stile dei professionisti USA;
- vari brogli di Moggi (che era il burattino, a mio avviso, e non il burattinaio) e C.
Insomma, tutta una serie di cose che sta portando il calcio da sport pedestre proletario (e pure un po’ oppio dei popoli…), a business d’alto bordo, professionistico, in cui la marginalità proprio non deve entrarci. Anzi, la marginalità va tenuta a casa, concupita col fascino del calciatore, spremuta a dovere + lavaggio del cervello. E anche qui, alla faccia del business: dalle scuole calcio, ai gadgets, agli articoli sportivi, alla stampa specializzata, etc etc; ma anche le paytv e quindi i diritti del calcio, di cui sopra.
Come ottenere tutto ciò in Italia, che era all’avanguardia fino a qualche anno fa, ma che ora sta perdendo terreno rispetto per esempio alla Spagna? In Italia dove c’è un particolarissimo mondo ultrà, molto politicizzato e, soprattutto, profondamente "antisitema"?
Con la creazione del mostro, con la criminalizzazione, con la repressione, con l’emergenza:
l’ultrà.
Tutto in perfetto stile italiano; dal 1975 (legge "Reale") ad oggi, passando per l’"emergenza terrorismo", l’"emergenza mafia" e di emergenza in emergenza (la scala mobile e la competitività; l’entrata in Europa; la stabilità), eccoci arrivati agli ultras.
Il meccanismo è oliatissimo: quando c’è da gestire la complessità di una società, e di un’epoca, come la nostra, la risposta istituzionale (che sia di "destra", che sia di "sinistra"), nel nostro paese, è sempre e comunque emergenziale.
Questo permette una gestione totalmente verticistica, e a-democratica, della questione, in un meccanismo oligocratico di gestione delle risorse e del loro riallocamento.
Lo stesso meccanismo per cui abbiamo il problema DEI romeni (e prima era DEGLI albanesi e prima ancora DEI meridionali, e via via), DEGLI zingari, in cui ci troviamo di fronte a categorie, non a persone.
Su questo punto sarebbe bene ragionare attentamente:
ricordo tanti anni fa gli avvocati del Centro Sociale Leoncavallo di Milano, che raccontando dei processi a pioggia che caddero sul capo dei militanti del centro a metà anni ’90, dicevano giust’appunto che in questi processi non si parlava più del reato commesso dal presunto colpevole, ma di lui in quanto persona, e quindi del fatto che essendo in un certo modo (nel caso, un militante del CSOA Leoncavallo) non poteva che essere colpevole.
Questo tipo di filosofia del diritto (si fa per dire…) nasce sotto il nazismo con Carl Schmitt, per cui non si era colpevoli per quello che si faceva, ma per quello che si era.
Non esattamente un tipo di giurisprudenza democratica, verrebbe da dire, ma che prende molto piede nel nostro paese a metà degli anni ’70, quando divenne evidente che il ’68 non era un fenomeno momentaneo giovanilistico e che, anzi, rischiava di diventare qualcosa di seriamente pericoloso per l’ordine costituito.
Questo meccanismo prende il nome, brutto, di "emergenzialismo", che col passare del tempo diventa norma, per il semplice fatto che permette a chi sta al potere di gestire autonomamente la cosa pubblica, come se fosse (facendo sì da farla diventare) cosa sua.
Ovvio che le emergenze non vanno solo dichiarate, che sarebbe troppo facile, ma anche create. Ed ecco, quindi, la terribile minaccia del terrorismo di sinistra (che arriva, nella memoria costruita dal potere, a coprire tutto il periodo 1968 – 1978, "gli anni di piombo"; quando nella realtà se si va a leggere i giornali dell’epoca, il termine "terrorismo" inizia ad apparire con insistenza solo a cavallo del 1976 – ’77); quella della mafia (che è reale, ma poi viene affrontata solo nei discorsi e negli sceneggiati televisivi, non sui territori che la subiscono, come ha ben raccontato Roberto Saviano, e via via sempre nuove emergenze, create ad hoc dal connubio, questo si mafioso, tra potere politico, potere economico e media mainstrean.
Facciamo un ultimo esempio, tornando all’argomento di partenza:
la sera dell’11 novembre, dopo tutto il casino successo nella giornata calcistica, alle 18 il Questore di Roma non ha ancora annunciato se la partita Roma – Cagliari sarà sospesa o meno.
Intanto attorno allo stadio iniziano ad arrivare i primi tifosi, come al solito.
Tra questi Lorenzo Sturiale, ultrà della Roma, compagno vicino a Rifondazione, che d’estate se ne va a fare il volontario nello slum di Korogocho a Nairobi, quella di padre Zanotelli. Mentre si avvia allo stadio finisce in mezzo alle cariche della polizia, che lo massacra di botte e lo arresta.
E’ tra i 4 che si sono beccati l’accusa di terrorismo, ed è ancora al gabbio.
Quale giornale ha parlato di questa cosa?
Ultima cosa: la violenza.
Come descritto all’inizio, quella mattina dell’11 novembre un poliziotto, nonostante sia a 50 e passa metri dal luogo del contendere (quale che esso sia, visto che non si è ancora capito), nonostante tra lui e il luogo passi un’intera autostrada, piglia la pistola e spara ad altezza d’uomo.
Secondo quale logica può fare ciò?
Ok, il tipo è uno sciroccato, ha perso il capo (perché? Non pare in pericolo di vita e non è minacciato direttamente, anzi. Non è che dall’altra parte dell’autostrada qualcuno si sia sentito sicuro di non essere prendibile ed abbia iniziato a pigliare per il culo il nostro rambo in divisa, se non peggio, che perde la testa e spara? Così per ragionare…), ma come è possibile che si metta a sparare ad altezza d’uomo da quella distanza con un’autostrada nel mezzo (ed eventuali automobilisti in transito)?
Questi dovrebbero essere gli uomini meglio addestrati del paese, visto che vanno in giro con le pistole.
Oltrettutto non stiamo parlando, come si poteva fare fino a 10 anni fa, di militari di leva, che invece di fare la naja negli alpini, grazie al calcio in culo dello zio sbirro entrano in polizia e poi fanno la cazzata.
No, questi sono professionisti, non sono spinacce maledette.
Questi sono volontari, che entrano in polizia per fare i poliziotti (o che ci arrivano dopo essere entrati volontariamente nell’esercito, e magari dopo essersi fatti un po’ d’eperienza, chessò, in Somalia, o in Bosnia, o in Afghanistan, o in Iraq…).
E che non si racconti la favola, tanto in voga in questi giorni di finanziaria, sulla mancanza di fondi, perché basta andare a leggere le cifre degli ultimi 30anni e si evince chiaramente che il comparto sicurezza è quello che ha _sempre_ preso più soldi da qualsiasi governo.
Allora andiamo a vedere un po’ di storia, invece di iniziare la lagna delle mele marce, andiamo a leggere chi si occupa di polizia, come Salvatore Palidda col suo libro; o i sopracitati documenti del "Centro Luca Rossi" o le tragiche storie, recenti, di Carlo Giuliani, di Federico Aldrovandi, di Aldo Bianzino; andiamo ad analizzare questi fatti, e forse dovrebbe venirci il dubbio che "grazie" a 30 di emergenzialismo ci troviamo con delle forze dell’ordine abituate all’impuntità e ad usare le maniere forti.
Dall’altra parte, invece, c’è la criminalizzazione. E allora le trasferte vanno impedite, le curve vanno chiuse (non tutte, però, che quella dell’Atalanta va chiusa per un buco in un vetro; quella dell’Inter no, se si tira giù un motorino dagli spalti… piccola polemica da tifoso…).
Tanto quando si tira addosso agli ultrà si fa il pieno, tanto a destra che a sinistra.
Io non sono d’accordo, per parecchi motivi, e considero l’atteggiamento di tanti compagni verso le curve una delle forme più insopportabili di aristocratismo di sinistra.
Le curve sono una cartina di tornasole della condizione marginale metropolitana contemporanea.
Una delle tante possibili, non l’unica; ma una delle più potenti e complesse e ricche.
Fino a non troppi anni fa le curve erano egemonizzate dalla "sinistra", e in non pochi casi da quella extraparlamentare.
Oggi è quasi l’esatto contrario.
Guarda caso, in maniera speculare, le periferie delle grandi città italiane, che fino a 20anni fa erano egemonizzate dalla "sinistra", oggi lo sono dalla destra, se non dalla destra estrema.
Si può leggere sul manifesto del 18 novembre l’intervista a quella merda di Guido Zappavigna[1] che dice, tra l’altro:
D: In curva comanda la destra?
R: La curva, lo stadio è uno spaccato della società. Una volta nelle borgate il cosiddetto fascista non entrava. Oggi nella società è di moda la destra.
Una volta nelle borgate il fascista non entrava. Oggi vai in certe borgate romane vestito alternativo e poi vediamo come ne esci…
La "sinistra" ha perso le borgate, i quartieri, le periferie; ha perso la capacità di relazionarsi con i soggetti marginali, con quello che una volta veniva chiamato sottoproletariato, con la devianza.
Quella che una volta era la forza della "sinistra", oggi non esite più.
E allora mi chiedo:
ma se non siamo capaci a stare in mezzo alle classi subalterne, per dirla alla Bosio, con chi agiremo, in futuro, il cambiamento sociale, coi professori universitari?
Per iniziare una riflessione in tal senso, propongo la lettura e l’ascolto di:
– http://toscana.indymedia.org/article/1742;
– http://www.shake.it/lunasottocasa.htm;
– http://mp3.gomma.tv/audio/gommatv%20021%20-%20Moroni_Lalunasottocasa.mp3
[1]
– http://isole.ecn.org/leoncavallo/faja/salvini.htm
– http://italy.indymedia.org/news/2004/03/512410.php
– http://antifascista.blogspot.com/2004_03_01_archive.html
– http://liquida.noblogs.org/post/2006/03/06/il-filo-della-matassa
Comunque basta mettere il nome in un motore di ricerca e vedere cosa scappa fuori…
minchia, quando ti ci metti produci, eh! :))
tanto lo sai che siamo d’accordo al cento per cento.