In questi giorni sono arrivati a compimento due importanti processi relativi ai noti fatti di Genova 2001.
Nel primo la Cassazione ha condannato in via definitiva alcuni alti dirigenti della polizia italiana per la “macelleria messicana” della scuola Diaz.
Nel secondo sempre la Cassazione ha condannato in via definitiva una decina di manifestanti per “devastazione e saccheggio”, relativa agli scontri del 20 e del 21 luglio di quell’anno.
Giustizia è fatta, si dirà: la democrazia ha punito chi ha sbagliato, da una parte e dall’altra, senza guardare in faccia nessuno.
Peccato che andando a guardare un po’ più da vicino ci si accorge che le cose non stanno proprio così. Vediamo perché:
il 21 luglio 2001 alla scuola Diaz (consiglio la visione del bel documentario “Back block“, che a parte il titolo sbagliato è un ottimo punto di partenza per capire cosa è successo quella notte alla Diaz) qualche decina di persone è stata brutalizzata per una mezzora dalle Forze dell’Ordine, per poi essere portati in ospedale quelli che proprio rischiavano la vita (tipo gente col polmone perforato dalle costole spezzate dai calci dei poliziotti, per dire), gli altri deportati alla caserma di Bolzaneto per sparire per 4 giorni ed essere liberamente torturati, senza contatti con avvocati, familiari o conoscenti.
Per tutto questo i funzionari dello Stato sono stati condannati a qualche mese di carcere, che non hanno mai fatto, e all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Qualcuno è già andato in pensione, quindi non rischia nulla, degli altri si vedrà, visto che condanne del genere sono già state emesse ma nessun provvedimento è mai stato realmente preso.
Il 20 luglio, invece, tutti i cortei autorizzati vennero caricati e repressi violentemente, con vari gradi di reazione: dal nulla al riot pesante e prolungato. Durante quella giornata venne assassinato il ventenne Carlo Giuliani e il presunto assassino, il carabiniere Placanica è stato assolto per legittima difesa.
Una decina di manifestanti fu poi individuata, e settimana scorsa è arrivata la sentenza della Cassazione, per cui costoro sono stati condannati a pene che vanno dai 6 ai 14 anni di carcere. Per aver lanciato sassi, bottiglie incendiarie, per aver sfasciato vetrine e locali di banche, benzinai etc etc.
Più o meno questi i fatti. Non ho tanta voglia di mettermi a fare il filosofo della politica, che non ne ho gli strumenti e la voglia. Voglio solo dare sfogo alla bile che mi è salita settimana scorsa e che ancora è lì.
Io a Genova non volevo andare: con vari compagn@ si propose di mandare affanculo tutti lor signori e di fare un bel rave di 3 giorni a Varazze. Nessuno ci cacò, e alla fine molti di noi non resistettero al richiamo della foresta, al fatto che a Genova c’erano tanti fratelli e sorelle, e ci trovammo tra le mura del Media Center a fare Indymedia, Radio GAP, a tirare sassi e sfasciare vetrine. Stare a Varazze sarebbe stato molto più sensato, divertente, utile e Carlo sarebbe ancora vivo (porcoddio).
Genova quindi avrebbe dovuto insegnarci a non cadere in certe trappole, di non andare più a scontrarsi col Potere direttamente, perché non serve, non costruisci nulla e loro sono più forti e cattivi e ti fanno parecchio male. Ma il 15 ottobre dell’anno scorso a Roma dimostra che abbiamo ancora tanto da capire, e che la storia non insegna una sega.
Ora, però, mi chiedo: alla prossima manifestazione, magari non a Roma sotto i palazzi del Potere (di cui non me ne fotte una bella sega e dove non andrò mai più), ma magari a casa mia, nel mio territorio dove lotto, chessò, contro la costruzione di una linea ferroviaria inutile e dannosa ma che fa fare tanti soldi ai soliti noti; o contro centrali finte rinnovabili che ti fanno morire di tumore; se in queste situazioni, durante queste lotte, mi trovassi a dovermi scontrare contro i servi del potere, i vari sbirri che sempre arrivano per servire lo Stato, cosa mi conviene fare?
Tirargli un sasso e rischiare 14 anni da gabbio?