30 anni di Sabra e Shatila

Immagine di bambini assassinati a Sabra e Shatila
Bimbi di Sabra e Shatila

Quello che trovammo nel campo palestinese di Shatila alle dieci di mattina del 18 settembre 1982 non era indescrivibile, ma sarebbe stato più facile da raccontare nella fredda prosa scientifica di un esame medico. C’erano già stati massacri in Libano, ma raramente di quelle proporzioni e mai sotto gli occhi di un esercito regolare e presumibilmente disciplinato. Nell’odio e nel panico della battaglia, in quel paese erano state uccise decine di migliaia di persone. Ma quei civili, a centinaia, erano tutti disarmati. Era stato uno sterminio di massa, un’atrocità, un episodio – con quanta facilità usavamo la parola «episodio» in Libano – che andava ben oltre quella che in altre circostanze gli israeliani avrebbero definito una strage terroristica. Era stato un crimine di guerra.

Così si legge in un articolo pubblicato ieri da Globalist.it di Robert Fisk sulla strage di 30 anni fa nel campo profughi palestinese di Sabra e Shatila.

Una strage, un crimine contro l’umanità, di cui è responsabile Israele e Ariel Sharon, a quel tempo ministro della difesa di Israele, che fu l’architetto dell’invasione del Libano, ma per cui nessuno, ad oggi, è stato incriminato e giudicato.

Quando sento parlare di “giustizia internazionale” non posso fare a meno aprire, sul mio pc, la cartella “Immagini” e di andare in quella che si chiama “Sabra e Shatila”, per rinfrescarmi la memoria.

Facciamolo insieme: