Su consiglio di un amico leggo il bel “Anonymous. Noi siamo legione” di Antonella Beccaria, uscito per i tipi di Aliberti.
Era da un po’ che volevo affrontare la questione Anonymous: io, vecchio “hacker” della seconda generazione, quindi abbondantemente vecchia, oggi, sono sempre stato curioso ma un po’ diffidente, rispetto gli anonymi.
Noi si arriva, più o meno tutt@, dal mondo dei centri sociali, dove ancora oggi si celebra l’annuale Hackmeeting, quindi dal mondo della vecchia e defunta “sinistra extraparlamentare”. Un mondo, bene o male, fatto di identità, divisioni, gerarchie, leader, portavoce, e via così; un mondo contraddittorio, sicuramente (un giorno forse qualcuno lo studierà con gli strumenti della storia, della sociologia, forse anche dell’antropologia, e sarà interessante vedere cosa ne scappa fuori), in cui proprio la mia generazione iniziò un percorso verso una pratica più libertaria e meno leninista dell’agire comune: assemblearismo, metodo del consenso, orizzontalità, dialogo.
Le anonym@, forse, sono il frutto di questa contraddizione, di questo scontro tra vecchio agire politico novecentesco e qualcosa di nuovo nel XXI secolo. Per questo, forse, me li vivo con curiosità – e forse anche speranza – ma anche come qualcosa di lontano, diverso.
Rimane la curiosità, e così mi immergo nella lettura. Via via che passano le pagine – scritte, come sempre, benissimo da Antonella, con uno stile pulito e preciso, ma accattivante; in cui si sente la cura del dettaglio e l’importanza che si dà alle parole, senza per questo perdere il gusto di prendere posizione – mi accorgo di quanto mi piacciano, quest@ anonymi: il loro essere completamente decentrati, l’essere veramente a pieno “attivisti”, cioè soggetti attenti a quel che accade attorno a loro, e che si “attivano” quando c’è qualcosa da fare, più che da chiacchierare; che si organizzano per affinità, e non per “ideologia” (presa nell’accezione novecentesca, che trasforma l’avere una visione del mondo e del perché va in un certo modo, in una religione con santi, preti e papi), con una pratica difficilissima, fatta tanto di ascolto, che gli invidio profondamente.
E via via che si prosegue nella lettura, si coglie il crescere della “politicizzazione” di questo mondo di hacker, che vanno a combattere o a difendere i diritti di tutte e tutti, a prescindere dal colore della pelle, dalla religione, dal pensiero politico: l’informazione deve essere libera, le persone devono essere libere e devono poter avere i mezzi di vivere dignitosamente, vedere rispettati i propri diritti, umani, sociali e politici, devono poter sapere cosa accade loro intorno in maniera trasparente; chi governa non si può permettere opacità, sopprusi, collusioni con il mondo della finanza e del business. Una critica dello “stato di cose presenti” che parte dalle basi, dall’inizio, per poi vedere a cosa si arriva, senza preconcetti o partiti presi, confrontandosi quotidianamente con la prassi, con il vissuto, per poi calarlo in un ragionamento (invece che il contrario).
Mi piacciono!
Poi arriva l’ENEL, e il deja vu è clamoroso!
Antonella si mette a raccontare dell’ #OperationGreenRights, cioè del sostegno delle anonym@ alla lotta contro la colombiana “El Quimbo”, la diga targata Enel-Endesa che vuole sbarrare il corso del Rio Magdalena, fiume che nasce sulla cordigliera centrale delle Ande e che sfocia oltre millesettecento chilometri più avanti, nel Mar dei Caraibi. Su questa vicenda si legge:
per realizzarla l’impatto sull’ecosistema locale si profila in termini devastanti. Si parla di oltre ottomila ettari di foresta amazzonica data alle fiamme e poi, una volta disboscata, quell’area sarà sommersa mentre il corso del fiume verrà deviato. Non subito, certo, come per la Tav nell’estremo nord Italia, perché tutto ciò accada ci vorranno almeno vent’anni, anche se c’è chi stima che potrebbero esserne necessari più del doppio. Ma le stime dell’impatto che un’opera del genere avrà sull’economia a ridosso del bacino idrico del Rio Magdalena ci sono già: si quantificano perdite per un importo complessivo di quattrocentosettantadue milioni di euro a fronte di ricavi, che arriveranno tra due decenni e che finiranno per lo più nelle mani di società private soprattutto straniere, di duemiladuecento o poco più.
E di storie così, sempre con ENEL nei panni del devastatore dell’ambiente, se ne trovano anche altre, come quella contro il Consorzio HidroAysen in Cile:
cui quasi seimila etari della Patagonia sarebbero sommersi dalle acque di una diga, per creare elettrodotti di duemilacinquecento chilometri circa […]. [Diga che provocherebbe una] innondazione che comporterebbe l’irreparabile danneggiamento del delicato ecosistema della zona […]. L’espropriazione dei terreni priverebbe gli abitanti delle loro terre, unico capitale e strumento di sussistenza […].
Insomma, uno scenario catastrofico, sia dal punto di vista ambientale che da quello umano. Uno scenario che, purtroppo, sia per gli attori che per i risultati, mi ricorda terribilmente quello che stanno vivendo le popolazioni dell’Amiata in questi anni, sempre a causa dell’ENEL e della classe politica locale.
Come ci raccontano tutti i giorni i comitati che sempre più spesso e numerosi nascono fin nei più minuscoli paesi dell’Amiata – siano essi gli antichi Sos Geotermia, o i più recenti Agorà CittadinanzAttiva o MaremmAttiva – l’ENEL sull’Amiata, con le sue centrali geotermiche “flash” sta contribuendo pesantemente alla devastazione di uno degli ambienti naturali ancora incontaminati del nostro paese; al prosciugamento di uno dei più importanti bacini d’acqua potabile del centro italia, il bacino del Fiora, che serve oltre 700 mila persone; bacino che viene anche inquinato con sostanze pericolosissime, come l’arsenico; per non parlare delle emissioni in aria. Uno scenario che ha portato ad uno studio del 2010 dell’Ars Toscana, da cui si evince che nei comuni geotermici dell’Amiata c’è un eccesso di mortalità per tumore nei maschi del 13% MEDIO, rispetto al resto della Toscana, ma anche rispetto al resto dei comuni NON geotermici dell’Amiata stessa (per capirsi: a Taranto l’eccesso di mortalità è dell’11%).
Tutto ciò, in una situazione energetica del nostro paese, come di/mostra un articolo del 2014 del Comitato Agorà di Monticello, che è fatto di ECCESSO di produzione (dati Terna del febbraio 2013) e del raggiugimento anticipato degli obbiettivi del Protocollo di Kyoto già nel 2014.
Una situazione, perciò, che non può che essere squisitamente SPECULATIVA, visti i ricchissimi “incentivi” che prende ENEL per far le sue mortifere centrali geotermiche sull’Amiata. Con la connivenza quasi totale della classe politica Regionale e locale, in toto rappresentata dal Pd toscano guidato da Enrico Rossi.
Leggendo tutto ciò verrebbe quasi da chiedere:
anonymi, quando ci regalerete una bella #OperationGreenRights contro ENEL e Regione Toscana per la salvezza dell’Amiata? Magari non sono “esotici” come gli amici Colombiani, ma anche i cittadini – e i comitati – dell’Amiata meriterebbero aiuto e sostegno. Ne hanno veramente tanto bisogno!!