Proprio ieri riportavo un bell'articolo di Marco Bascetta sulle "forze dell'ordine, pubblicato da "il Manifesto" di ieri, in cui il nostro spiegava il perché della sempre più forte sudditanza dei vostri politici agli sbirri e alla categoria di "sicurezza".
Poi torno a casa, e mi ciuccio due notizie mica male:
1) Violenza sessuale: stupri in questura a Genova
Dove si scopre che il poliziotto in questione, nel 2005, in due occasioni avrebbe violentato e in un'altra molestato tre prostitute portate in questura per controllo (o forse solo per violentarle…).
Già così la notizia fa rabbrividire, per molti motivi. Si scopre, però, che il soggettone in questione è anche tra gli indagati per le violenze nella caserma di Bolzaneto durante le giornate del contro G8 del 2001.
Quanto è passata la notizia? Quanto se ne è parlato? Poco o nulla.
Così come poco o nulla si parla dei tanti, tantissimi casi di "tutori dell'ordine" che uccidono, rubano, spacciano, o cmq si associano per delinquere in vari e molteplici modi.
Quando se ne deve parlare, "ah, le mele marce". C'è da dire che sto frutteto fa veramente cagare…
2) Un galantuomo Speciale
Ieri per caso, un incidente, sono finito su un canale in diretta dal parlamento (quale ramo non mi è noto, e non mi interessa), proprio mentre parlava uno a me sconosciuto, che riepilogava la querelle Visco-Speciale, e descriveva quest'ultimo come un vero "Galantuomo" (la Maiuscola si sentiva chiaramente mentre parlava).
E mentre sentivo sto pirla, mi venive in mente un articolo letto qualche giorno fa su "il Manifesto" in cui veniva descritto il personaggio. Eccolo:
Il generale tentato dalla resistenza
Speciale è un militare caro alla destra, ora ipotizza di ricorrere al Tar. E' stato sfiorato da un'inchiesta per peculato e da un'altra per apologia di fascismo
Arrivato al vertice della Guardia di Finanza per volere del ministro dell'Economia dell'epoca Giulio Tremonti, Speciale si era legato alla cordata di Emilio Spaziante (per anni a capo della Guardia di Finanza di Milano) e dei cosiddetti «pollariani», dal nome dell'ex direttore del Sismi che prima di lui comandava le fiamme gialle.
Nei verbali pubblicati da Il Giornale appariva come la vittima di pressioni e minacce orchestrate dal viceministro della Finanza. Ma chi conosce i lati scuri della sua carriera sa che uno come lui non è tipo che sia facile intimorire. Bisogna scavare un po', ripercorrendo le solide amicizie con i papaveri di Alleanza nazionale in tutta Italia ma in particolare in Sicilia per capirci qualcosa. Nel corso della sua carriera nell'Esercito Speciale è stato sfiorato da più inchieste, senza mai essere colpito. L'ultima indagine, della procura militare di Roma, riguardava un peculato e l'uso di fondi «non di rappresentanza» per l'acquisto di regali di pregio griffati Gucci. Il fascicolo fu archiviato.
Più indietro nel tempo c'è un'altra vicenda che tocca gli albori della carriera del generale Roberto Speciale, nato ad Enna nel 1943. Tra il 1982 e il 1984 Speciale viene mandato a comandare la Brigata Paracadutisti Nembo di Gradisca di Isonzo. La Nembo, che dopo l'8 settembre del '43 scelse la Repubblica sociale, era nota per strani episodi di apologia del fascismo. Busti di Mussolini nelle stanze degli ufficiali, bandiere con i teschi alle pareti, esercitazioni al suono di marce fasciste, cose così.
Speciale arriva al comando della brigata proprio mentre lo scandalo esplode ed il parlamento è investito di diverse interrogazioni di deputati e senatori. Scrive una circolare in seguito alla quale, dirà poi sentito come testimone: «Dopo questa circolare ritengo che, per quanto mi risulta, tutte quelle manifestazioni cessarono». Tra gli ufficiali che si fanno le ossa nella Nembo ce n'è anche uno che dieci anni dopo darà qualche problema al comandante Speciale. Si chiama Roberto D'Avanza ed è tenente colonnello. Nel 1992 viene arrestato perché i carabinieri lo trovano in possesso di un vero e proprio arsenale personale fatto di decine di armi «fuori dotazione» acquistate in Jugoslavia, dove la guerra ormai imperversa. Prima di chiudersi nel silenzio del «non rispondo» D'Avanza racconta ai carabinieri di essere un patriota e di «conoscere altre persone militari come lui con gli stessi ideali patriottici». Tira dentro all'indagine alcuni ufficiali amici, tra cui un certo D. B. che, nell'agenda personale conserva tutti i recapiti personali (quattro numeri di telefono) del comandante Speciale. Al telefono con un indagato, G. G., D. B. Si lascia andare e propone di contattare «Ciccio» perché «è il caso che qualcuno dia una calmata alle acque». «Ciccio», scopriranno i carabinieri, è Roberto Speciale. Sentito a verbale come testimone, l'allora generale di Brigata confermerà, «Confermo che amichevolmente mi faccio chiamare Ciccio da alcuni colleghi», smentendo però di essere stato contattato: «Non ho più avuto contatti con G. G. e D. B. dopo che lasciai il battaglione nel 1984».
Nonostante i suoi recapiti sull'agenda di D. B., dunque, l'inchiesta su quella vicenda non ha mai coinvolto direttamente Speciale come indagato.