Leggo su alcuni quotidiani di oggi delle dichiarazioni di un funzionario di polizia sull'assalto alla scuola Diaz del luglio 2001 e relativo massacro. Il signor Fournier è il primo poliziotto che racconta ciò che sono 6 anni che viene raccontato dagli altri meno fortunati protagonisti di quella notte:
non manifestanti già feriti a terra, ma veri e propri pestaggi ancora in atto; «Arrivato al primo piano dell'istituto – ha detto Fournier – ho trovato in atto delle colluttazioni. Quattro poliziotti, due con cintura bianca e gli altri in borghese stavano infierendo su manifestanti inermi a terra. Sembrava una macelleria messicana» (dal Corriere di oggi, ma più o meno le stesse cose anche su Repubblica e Unità, la Stampa).
Cosa mi colpisce di questo racconto? Sicuramente non ciò che vi è narrato, che è noto praticamente da subito: chi è stato alla Pertini in quei giorni sa cosa è successo, e gli altri l'hanno sentito raccontare migliaia di volte. Solo i giornali non lo sapevano, e ora si stupiscono, ma neanche tanto, che altrimenti gli tocca parlarne sul serio (cosa che si guardano bene dal fare: sono pronto a scommettere che già da domani la "notizia" sparisce per non ricomparire più, così come è sparita quella sul poliziotto accusato per i fatti di Bolzaneto, arrestato per 3 stupri in caserma sempre a Genova, 4 anni dopo il g8).
Ciò che mi colpisce, che mi fa ragionare, è una frase di Fournier:
«Durante le indagini non ebbi il coraggio di rivelare un comportamento così grave da parte dei poliziotti per spirito di appartenenza».
E subito gli rispondono i compagni del Comitato Verità e Giustizia per Genova:
«Forrnier – scrive in un comunicato il Comitato Verità e Giustizia per Genova – ha sbagliato a tacere per sei anni su quello che ha visto dentro la scuola Diaz. Proprio lo "spirito di appartenenza" avrebbe dovuto spingerlo a raccontare tutto e subito. Solo così avrebbe servito nel migliore dei modi, con lealtà e responsabilità, lo stato di cui è funzionario».
"Spirito di appartenenza", dice Fournier; sembra quasi di sentir parlare un pretoriano, e non un dipendente dello stato. Questa giustificazione è la conferma, se ce n'era bisogno, di quanto diceva altrove Bascetta: ormai questi sono un esercito d'occupazione, che se ne vanno in giro come delle bande (e chi è mai andato allo stadio l'ha vista da anni questa dinamica: la banda della squadra di casa, quella degli ospiti e quella della polizia), come lanzichenecchi. E quando qualcuno decide di raccontare quanto è successo realmente (esistono degli esseri umani anche tra i poliziotti, per fortuna), comunque lo fa giustificandosi, usando termini che fanno riferimento ad un altrove, non avendo il coraggio di ammettere quanto queste cose siano in tutto e per tutto roba nostra, di casa nostra. E come dicono ancora i compagni del Comitato Verità e Giustizia per Genova:
«Il dottor Fournier ha parlato di "macelleria messicana". L'attuale ministro degli Esteri, nel 2001, parlò di "notte cilena". Si ricorre all'esotismo, ma siamo di fronte a una "perquisizione all'italiana"».
Siamo di fronte ad una normalissima azione della polizia italiana, forse un po' più violenta (ma neanche tanto: chiedere ai genitori di Federico Aldrovandi). Quanti hanno vissuto in una qualsiasi periferia di una qualsiasi città di medie dimensioni; chiunque ha frequentato lo stadio o un centro sociale (solo per fare alcuni esempi), sa perfettamente quali sono sempre stati, e quali sono ancora oggi gli atteggiamenti dei poliziotti e dei carabinieri nei propri confronti.
Ma ogni volta che emerge qualcosa, che il muro di gomma viene scalfitto… "puniremo le mele marce!"… e bla bla bla.
ciao caparossa,
sai cosa fa più male di tutto questo? non il loro abominevole spirito di appartenenza, non la negligenza dell’informazione o della casta politicante….
fa molto più male l’atteggiamento della “gente comune”, il loro completo disinteresse, la loro assuefazione o peggio, il loro consapevole voltarsi da un’altra parte.
[…]Ognun per se, Dio per se, mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica – mani ipocrite – mani che fan cose che non si raccontano altrimenti le altre mani chissà cosa pensano – si scandalizzano – Mani che poi firman petizioni per lo sgombero, mani lisce come olio di ricino, mani che brandiscon manganelli, che farciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli. […]
frankie hi nrg – quelli che benpensano
ciao
davide