Esodo

In realtà è da un bel po’ che ci penso, e le vicende delle ultime settimane, degli ultimi mesi, mi hanno portato ad una… boh!, mi verrebbe da dire "rottura", ma non è il termine giusto… ad un distacco sostanzialmente sereno.

Un distacco, ecco, quasi antropologico. O almeno spero!

Ieri sera prima di andare a letto giravo tra i canali della tivù, e sventuratamente sono finito su Potta a Potta, dove c’era la nostra pornostar più famosa, con il vero erede di André Breton, Clemente Mastella, colui che ha avuto il genio di dire, alla Camera dei Deputati italiana, in qualità di Ministro della Giustizia, "gli umili soffrono quando i potenti si combattono". L’istinto è ormai affinato, e il dito è balazato repentinamente su un altro canale, ma quei pochi istanti mi sono bastati per sentire lo stomaco venire meno.

Ma ieri non è stato un giorno particolare della settimana, anzi!
Vogliamo parlare del Pastore Tedesco? Vogliamo parlare di quella ignobile pagliacciata a cui tutti i media e tutti i politici – TUTTI – hanno chinato il capo? Altro che Mastella…

Potrei continuare così per ore, giorni, settimane, mesi … Ma, onestamente, mi sono rotto i coglioni.
A che pro continuare con sto muro del pianto virtuale, dove ogni tanto arrivo a scaricare un po’ di bile?

A che serve ostinarsi ad indignarsi? Questo è il punto.
Uno si indigna perché si aspetta qualcosa, e quel qualcosa non arriva.
Ma come, voi mi avete promesso, avete detto, avete scritto, e poi nulla? Mi idigno!!.

Fare le pulci, tirare fili e mettere insieme le cose ha senso nel momento in cui si vuole criticare costruttivamente qualcosa, perché si spera di poter dare un seppur piccolo contributo per cambiare.

Bene, per quanto mi riguarda le cose non stanno più così, se mai lo sono state negli ultimi anni/decenni.

Questo sistema non è riformabile: come ben de/scrisse Massimo Paci nel suo "I mutamenti della stratificazione sociale" contenuto nel tomo 3.1 della Storia d’Italia Repubblicana Einaudi, ormai da decenni siamo di fronte ad un vero e proprio ceto, il "ceto politico". E come tutti i ceti, ci dice la sociologia, il suo primo (e sostanzialmente unico) scopo è quello di autoconservarsi e poi di autoriprodursi. Come qualsiasi organismo vivente che si rispetti. Questa cosa in questi ultimi anni, è diventata lampante: Bertinotti, Veltroni e Berlusconi che pomiciano per trovare un sistema elettorale che vada bene a tutti, grandi e piccini; Mastella che riceve l’ovazione unanime di tutto il parlamento; tutti a votare la legge che blinda l’informazione sui processi, esclusi 7 astenuti; il caso Unipol, i fessacchiotti del quartierino (altro che furbetti, che se lo fossero stati non si sarebbero fatti beccare) etc etc, che si potrebbe andare avanti a iosa, ma la cosa tedia.

La mediazione tra società e istituzioni è saltata da tutti i punti di vista, in primis da quello della "rappresentanza". La farsa delle elezioni è arrivata al suo apice, e ormai serve solo da copertina di Linus, per far sentire tranquilli gli italioti che nel loro paese c’è ancora la Democrazia (ma de che!!!). Il ceto poltico non rappresenta più la società nelle sue varie articolazioni, ma funge da organo di controllo e gestione delle risorse umane in vista di una loro ottimizzata organizzazione produttiva. Stop.

D’altro canto non esiste più, se mai è esistito, un movimento che si possa permettere di tentare "l’assalto al cielo", "la presa del palazzo d’Inverno". In primis perché ormai non c’è più un cazzo di Palazzo, manco d’estate. Poi perché ormai il potere è saldamente in mano ad un tot di multinazionali, che assumono i vari governi per portare a termine i loro interessi (piccola digressione: Grillo fa quasi tenerezza quando parla dei politici chiamandoli "i nostri dipendenti". Beppone, quelli non sono i nostri dipendenti, ma i dipendenti di Murdock, dei petrolieri americani, dei signori della droga e delle armi. Fanno i loro affari, le loro guerre, alla facciazza nostra e delle nostre, vostre, coloratissime schedine elettorali). E valli ad assaltare i loro palazzi…

Ma anche se ci fosse un cazzo di palazzo d’assaltare, che ci si farebbe? Si andrebbe a predere il Potere? E per farci cosa, metterci noi al posto loro?
Direi che la storia è piena di gente dalle buonissime intenzioni, che una volta "preso il potere" mette su dei macelli che a confronto Mastella è da tenerselo strettissimo, e coccolarlo, pure…

Non c’è nessun potere da prendere, non c’è nessun palazzo da assaltare, non c’è nessun sistema da riformare.

C’è, per quanto mi riguarda, da ricominciare da capo, in maniera RADICALMENTE nuova, partendo da presupposti COMPLETAMENTE diversi.

Un qualcosa che deve iniziare dal quotidiano, dal modo di vivere, di relazionarsi, di amare, di mangiare, di bere, di tutto. Non ha senso, per quanto mi riguarda, andare a fare la MayDay, perché il modo del lavoro nell’occidente del 21 secolo non si riforma (lo dico con amore verso @ tant@ compagn@ che conosco che spingono la MayDay, l’unico evento del 1 maggio degno di questa celebrazione, è un esempio a me caro che ho preso a caso), si abbandona.

Non ha senso mettersi a fare Indymedia per fare altra comunic/azione, o per provare a farla, se prima non si ha un’altra socialità reale, vivente.
Tutte queste battaglie, nobili, bellissime, giustissime, non sono altro che tentativi di riformare l’irriformabile (e uso la categoria "riforma" non nell’accezione della dualità storica tra "rivoluzionario" e "riformista", che non c’entra una cippa col mio discorso).

Quello che bisogna iniziare a costruire è un "mondo nuovo", in cui i rapporti tra uomo e donna, tra uomo e natura, siano completamente altro, basati su altre convenzioni, su altri presupposti, e FANCULO la società dominante. Non ci interessa più, non ci si rapporta più se non per il minino indispensabile che non siamo ancora in grado di autoprodurci.

Creare un’altra società il cui scopo, rispetto alla prima, sia quello della sua morte per inutilizzo. Senza scontri, senza attacchi al cuore o al culo. Al massimo difendendosi, ma proprio prioprio se non si riesce a levarsi di culo prima.

E, stiamo attenti, non perché io sia pacifista, peste mi colga!, ma perché andare allo scontro con i servi della prima società significa 1) andare a perdere (ormai sono troppo bravi a fare i cani da guardia), 2) rischiare serissimamente (con una probabilità vicinissima al 100%) di diventare come loro (vedasi la storia di qualsiasi servizio d’ordine di una qualsiasi sinistra extra e parlamentare, dalla "voltante rossa" a "lotta continua"…), 3) perdere tempo in cazzate quando si ha di meglio da fare (che ci son divertimenti ben più salutari: scopare, assumere sostanze psicotrope, leggere, ascoltare musica, etc etc).

ESODO, insomma, da una società che ci sta portando alla rovina, da tutti i punti di vista possibli.

PS

Ho appena finito di scrivere tutta sta roba, e mi sono messo a scorrere i miei tanti/troppi feed rss.

Quello della Repubblica mi dice:

"Ventiseimila bimbi morti al giorno E la metà dei decessi è per fame".

Sarà che da che sono padre sono diventato più sensibile, ma sta cosa non riesce a lasciarmi indifferente.

E, sarà il retaggio cattolico, ma neanche a farmi sentire innocente…

 

2 risposte a “Esodo”

  1. Non ti so dire, onestamente, quale potrebbe essere la soluzione “pratica”. Sempre che ce ne sia una sola.
    So, parafrasando Montale, quali siano le cose che non funzionano, rimandendo al quotidiano e parlando di “gente normale”, che ha una famiglia, una casa e un lavoro (per quanto precari).
    Non funziona la famiglia tradizionale, morte dell’amore, del sesso, che si traduce in prigione e avvelenamento dei rapporti; non funzionano le relazioni, alienate dal lavoro e dal consumo; siamo strozzati dalla mancanza di soldi, quando nella stragrande maggioranza dei casi questi soldi servono solo a soddisfare bisogni indotti.
    Viviamo in campa/consuma/crepa di punkika memoria, che ormai sommerge tutto, anche la militanza.

    Non so se sono le comuni anarchiche o altro la soluzione. So che bisogna cambiare strada, sperimentare altro, inventare tentativi, se non si vuole morire democratici 🙂

  2. non capisco cosa intendi quando dici di creare un’altra società. Nel senso che se nella pratica stiamo parlando di comuni libertarie, permettimi di dire che sebbene siano luoghi affascinanti ed a volte esperienze molto positive, rimangono pur sempre esperienze isolate, un po’ fuori contesto, un po’ fuori da tutto. Nascono e muoiono da sole e non producono grossi effetti.
    Non so se mi sono spiegato.
    O forse non ho capito io.

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