Il più noto cacciabufale della rete italiana, Paolo Attivissimo, corre il rischio di tutti i tuttologi: mettersi a parlare di cose su cui non è ferrato, rischiando al figuraccia. Rischio corso, figuraccia arrivata, come doveva dimostrarsi.
In un post di oggi – Allarme: l’INPS dice che i precari non avranno pensione. La bufala avrà invece albergo – Attivissimo attacca quella che definisce una bufala, cioè il fatto che i precari e tutti coloro che hanno la “gesione separata all’INPS” prenderanno una pensione da fame, sempre che la prendono. E lo fa con un lungo post sul suo sito, linkato ad un altrettanto lungo post su Wired (non si mancare nulla, il Nostro…).
Peccato che il buon Paolo non sia un esperto della materia, e quindi inizia a scantonare pesantemente, non dimostrando di essere bravo neanche in quello di cui si vanta di essere assai capace: scovare l’origine delle notizie.
Infatti arriva puntuale il post di gente che di questa materia è esperta davvero – ACTA, Associazione Consulenti Terziario Avanzato, fondata da gente del calibro di Sergio Bologna – che prende il post di Attivissimo e lo smonta pezzo per pezzo:
L’insegnamento di questa storia? Non si può sapere tutto di tutto, e chi dice il contrario è una sola 🙂
La morale?
Che il sistema va a pezzi, e in un paese in mano ad un’oligarchia di vecchi mafiosi, per chi ha meno di 50 anni è arrivato il momento di rendersi conto che il futuro è fosco, e forse è il caso di rimboccarsi le maniche, e mandarli tutti a casa a calci nel culo. Come direbbero ad Oxford 🙂
Si lascia fare a governo e padronato tutto quello che vogliono. Senza reagire nei tempi e nei modi che renderebbero utile e produttiva l’azione. Sembra che i sindacati italiani, come diceva qualcuno in tv, siano prigionieri degli interessi imprenditoriali e debbano fare necessariamente cose che ne consentano la realizzazione degli obiettivi.
I tempi di reazione della CGIL, non parlo di Cisl ed Uil che si sono schierati con Confindustria e Governo, sono anacronistici. I modi sono puramente dimostrativi. Una manifestazione viene annunziata con due mesi di anticipo per il 27 novembre, un sabato, su una piattaforma generica che chiede tutto ma di fatto non chiede niente perchè non indica
una sola cosa specifica: “a difesa del lavoro e della contrattazione, per la tutela dei diritti dei lavoratori, per chiedere sviluppo, equita’ e giustizia sociale”. Come e dove ed attraverso che cosa si tutelano i diritti appena lesionati in modo irreparabile dal collegato lavoro non è dato sapere e quasi niente è dato sapere su tutti gli altri punti.
Il Parlamento ha approvato, dopo due anni di lavoro incontrastato una legge contestata a suo tempo soltanto dal Presidente della Repubblica per la sua evidente incostituzionalità che indebolisce moltissimo il lavoratore a vantaggio del datore di lavoro e dello stesso sindacato che acquisisce nuovi e pericolosi poteri con l’arbitrato. La CGIL ha mandato qualche gruppetto di manifestanti in un paio di momenti dell’iter parlamentare. Si è limitata a commentare educatamente il testo approvato assieme al PD che in verità ha votato contro ma ha lasciato passare senza fare le barricate che Bersani promette per il lodo Alfano. In sostanza
sembra che la CGIL abbia già metabolizzato il collegato lavoro come a suo tempo ha metabolizzato la legge trenta o Biagi e come ha digerito l’accordo separato sul contratto attraverso i rinnovi di categoria.
L’azione della CGIL sembra deliberatamente congegnata a consentire la realizzazione e l’irreversibilità di scelte rivolte a limitare i diritti ed a sfasciare
l’impianto dei rapporti attuali di lavoro. I tempi sono sfasati rispetto lo sviluppo della realtà che è in accelerato sviluppo. Di quello che stanno perdendo i lavoratori difficilmente si recupererà qualcosa in caso di svolta politica. Forse il governo Prodi ha cambiato qualcosa del suo predecessore? Una linea sembra unire destra e “sinistra” parlamentare ed è quella dettata dalla Confindustria. A questa linea si adeguano sfacciatamente la Cisl e l’Uil
e la CGIL finge di opporsi programmando reazioni prive di sostanziale contenuto e lontane nel tempo.
Naturalmente la manifestazione della CGIL si farà di sabato come vuole Bonanni che indica questo giorno non lavorativo come il più adatto per gli scioperi (sic!) e come vuole Ichino che non ama lo sciopero e ne discute il diritto di esercitarlo ai lavoratori riservandolo ai sindacati (il corporativismo fascista ogni tanto risorge dove neppure te lo aspetti).
La Fiom chiede a gran voce lo sciopero generale. In verità non ha le carte in regola per farlo dal momento che si è comportata esattamente come la CGIL. Il 16 ottobre è stato soltanto una manifestazione, un grande comizio convocato a Roma, un momento bello e magnifico di mobilitazione democratica ma niente di più. Anche il 16 ottobre era un sabato.
Sembra esserci un accordo per non scioperare in Italia tranne che per le situazioni che esplodono spontaneamente e che non ci sia questione abbastanza grossa per smuovere la CGIL. Ci sono stati tantissimi scioperi per la scuola ma non hanno mai avuto un momento di unificazione nazionale. In Francia si è fatto uno o più scioperi nazionali per la scuola. In Italia le agitazioni presenti in tutto il Paese non hanno mai avuto una guida, una direzione nazionale.
Negli ultimi due anni ci sono stati tre scioperi generali della CGIL. Tutti sul fisco. Nessuno sintonizzato su quanto stava realmente accadendo nel Paese.
Anche il prossimo sciopero generale accettato a denti stretti da Epifani al comizio dei metalmeccanici non è detto che non sarà finto. Una cannonata a salve. Non basta fare lo sciopero generale se non si mettono in discussione le scelte del padronato e del governo.
Il miope collaborazionismo dei sindacati e della opposizione al padronato porta soltanto frutti avvelenati o marci. Venti milioni di lavoratori stanno male e guadagnano la metà di quello che guadagnano i francesi o i tedeschi. Sei milioni di questi sono precari e con salari sotto i seicento euro (sic|!) Ma tutto questo non solo non basta per rimettere in piedi l’economia italiana ma è addirittura controproducente: genera depressione, insicurezza, stress, assenza di futuro. Bassi salari ed assenza di diritti sono tutt’altro che patriottici e affossano assieme ai lavoratori il Paese.
Corri forte ragazzo, corri
la gente dice sei stato tu
ombre bianche, vecchi poteri
il mondo compran senza pudore
vecchie immagini, santi stupidi
tutto lascian cosi com’è
guarda avanti non ci pensare
la storia viaggia insieme a te
Corri forte ragazzo, corri
la gente dice sei stato tu
prendi tutto non ti fermare
il fuoco brucia la tua virtù
alza il pugno senza tremare
guarda in viso la tua realtà
guarda avanti non ci pensare
la storia viaggia insieme a te
Impara a leggere le cose intorno a te
finchè non se ne scoprirà
la realtà districar le regole che .
non ci funzionano più per spezzar
poi tutto ciò con radicalità
Hanno sfondato la porta di casa con la furia devastatrice delle teste di cuoio. Hanno rovistato nell’appartamento del blogger californiano Jason Chen sequestrando computer e archivi. Il tutto per venire a capo del giallo della scomparsa di un segretissimo prototipo di iPhone 4, dimenticato in un bar “per una birra di troppo”.
Nata in un garage con la bandiera dei pirati sventolante, creata da un ex hippy e da un hacker, oggi Apple lancia strali contro i software liberi, promuove crociate antiporno e dichiara dissanguanti guerre di brevetti. Sullo sfondo pulsano la guerra dei formati, del web e delle libertà digitali. Apple non è più l’azienda dei creativi che anni fa ci esortava con il Think Different, ma il peggior nemico dell’underground digitale, come dimostra il blitz contro il blogger di Gizmodo che ha realizzato lo scoop dell’anno: le foto in anteprima dell’iPhone 4G. Mela Marcia parte da questa vicenda per sviscerare cosa si nasconde dietro alla mutazione di Apple: la mania della segretezza, l’astuto ruolo del messia laico Steve Jobs, il potere del marketing aggressivo e il bluff dell’iPad. Il volume è completato dalla storia del giornalismo 2.0 nell’era di blogger coraggiosi e di “gossip merchant”.
Mela marcia è anche un libro interattivo: grazie ai codici QR sparsi nel testo è possibile accedere ad approfondimenti e filmati in rete, tramite uno smartphone e un’applicazione (rigorosamente free).
NGN è formato da Ferry Byte, cyber-hacktivist della prima ora, fondatore della mailing list Cyber Rights. È autore di I motori di ricerca nel caos della rete. Mirella Castigli scrive su Pc Magazine, Computer Idea e ITespresso.it dal 2000. Caterina Coppola, editor di Gizmodo Italia e giornalista presso la redazione di Gay.it. Franco Vite, storico ed esperto di GNU/Linux, tiene corsi sui software liberi.
128 pp. – Illustrato
ISBN 978-88-95029-40-5
Questo libro non finisce qui. È un continuo work in progress pensato per non restare chiuso tra due copertine, ma per continuare a raccontare storie (di Apple, ma anche di moltissime altre aziende, realtà e situazioni dell’IT) di cui di solito non si parla.
Per sapere come continua la storia andate su nessungrandenemico.org
Per questo suo prezioso lavoro Roberto è stato più volte denunciato dai responsabili dello scempio, ENI in primis, ma anche tante pubbliche amministrazioni di “sinistra”, comuniste addirittura! E’ sempre stato assolto, a differenza dei suoi accusatori, che da decenni dovrebbero bonificare quelle aree e non lo fanno, a discapito della salute della popolazione.
Il nostro ha continuato la sua battaglia, ed ultimamente è attivo nei comitati per la difesa dell’acqua pubblica, e con i comitato ha pubblicato un video che è disponibile su Youtube. Eccolo (diviso in due parti):
“ «Il rischio di infiltrazioni nel corteo della Fiom di sabato è elevato, come hanno detto anche le analisi dei nostri servizi, ma la nostra attenzione sarà massima […]. Il rischio è – ha aggiunto il ministro dell’Interno – che alcuni gruppetti, non certo le 20 o 40mila persone che sfileranno pacificamente staccandosi vadano a spaccare vetri. L’occasione è troppo ghiotta per l’infiltrazione nella manifestazione anche da parte di gruppetti stranieri […]”.
Ma facciamoli i nomi, no?! Maroni non si esime:
“A Padova – ha detto il ministro Maroni – mercoledì alcuni esponenti di un centro sociale, tra l’altro invitati alla manifestazione di sabato, hanno occupato la sede di Confindustria padovana imbrattando i muri. Dobbiamo tutti prendere le distanze da episodi come questo”.
Allora, io non sono un fine analista politico, anzi. Sono un vecchio ingenuo, ma mi chiedo come sia possibile che il Sig. Maroni sia ancora ministro dopo quello che è successo martedì, con qualche centinaio di fascisti serbi che si sono praticamente impossessati di una città e di uno stadio indisturbati. Chissà, forse al ministro legaiolo sentir parlare di nazionalisti, di cetnici, di indipendentisti, di fascisti insomma, non crea grossi problemi di “ordine pubblico”. E così questi “signori” sono partiti indisturbati da Belgrado e dintorni, su comodi autobus, hanno attraversato TUTTA la Padania (a noi!), sono arrivati a Genova e hanno fatto il beato cazzo che gli pareva: hanno attaccato gli sbirri per strada, hanno provocato scontri e poi, arrivata l’ora di andare allo stadio, ci sono entrati senza problemi, con tanto di razzi, fumogeni, cesoie, coltelli e ammennicoli vari.
Io se entro allo stadio, mi tolgono pure il tappo dalla bottiglia d’acqua, si sa mai che la lanci verso Viviano…
Quando invece a manifestare sono i pericolosi comunisti (ohhhh!), o peggio ancora gli “estremisti” (cioè tutti coloro che stanno a sinistra di Vendola), allora a quel punto le informative dei servizi diventano scritte sulla pietra, il pericolo “altissimo”, e l’allerta massima.
Con un accordo Gelmini-La Russa via a un corso che prevede la divisione degli studenti in “pattuglie”, lezioni di tiro con la pistola ad aria compressa e percorsi “ginnico-militari”.
Si chiama “allenati per la vita”. E’ il corso teorico e pratico, valido come credito formativo scolastico, rivolto agli studenti delle scuole superiori, frutto di un protocollo tra ministero dell’Istruzione e della Difesa. E che cosa serve a un ragazzo per allenarsi per la vita? Esperienze di condivisione sociale, culturale e sportive , informa la circolare del comando militare lombardo rivolta ai professori della regione.
Dopo le lezioni teoriche “che possono essere inserite nell’attività scolastica di “Diritto e Costituzione” seguiranno corsi di primo soccorso, arrampicata, nuoto e salvataggio e “orienteering”, vale a dire sopravvivenza e senso di orientamento, (ma l’autore della circolare scrive orientiring, coniando un neologismo). Non solo, ma agli studenti si insegnerà a tirare con l’arco e a sparare con la pistola (ad aria compressa). E in più “percorsi ginnico-militari”.
Il perché bisogna insegnare la vita e la Costituzione a uno studente liceale facendolo sparare con una pistolaad aria compressa viene spiegato nella stessa circolare: “Le attività in argomento permettono di avvicinare, in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola alla forze armate, alla protezione civile, alla croce rossa e ai gruppi volontari del soccorso”.
Secondo il progetto Gelmini-La Russa, che ha già sollevato perplessità tra i professori che hanno ricevuto la circolare, “la pratica del mondo sportivo militare, veicolata all’interno delle scuole, oltre ad innescare e ad instaurare negli studenti la “conoscenza e l’apprendimento” della legalità, della Costituzione, delle istituzioni e dei principi del diritto internazionale, permette di evidenziare, nel percorso educativo, l’importanza del benessere personale e della collettività attraverso il contrasto al “bullismo” grazie al lavoro di squadra che determina l’aumento dell’autostima individuale ed il senso di appartenenza ad un gruppo”. Seguirà, a fine corso, “una gara pratica tra pattuglie di studenti (il termine è proprio pattuglie, recita la circolare, termine che ha fatto storcere il naso a molti docenti, ndr)”. Intanto si è aperto il dibattito: è giusto trasformare la scuola pubblica in un collegio militare? O è solo un’opportunità in più per i ragazzi di avvicinarsi a organismi e istituzioni come protezione civile, esercito e croce rossa?
Allorché qualcuno domanda a che serve la filosofia, dobbiamo rispondere in modo aggressivo, poiché la domanda vuole essere ironica e mordace. La filosofia non serve né lo Stato né la Chiesa, che hanno altre preoccupazioni. Non serve ad alcuna potenza costituita. Una filosofia che non turba e non contraria nessuno non è una filosofia. Essa serve a far danno alla stoltezza, facendone qualcosa di turpe. Essa ha la sola funzione di denunciare la bassezza del pensiero in tutte le sue forme.
Gilles Deleuze
Nietzsche et la philosophie, Presses Universitaires de France, Paris 1962
Dopo una due giorni milanese intensa e ricca di spunti – nel bene e nel male, tra il serio e il faceto, come d’obbligo di questi tempi – mi ritrovo a dover tornare a casa, nella profonda provincia toscana, in treno.
Consultato il sito delle Ferrovie dello Stato, non mi rimane soluzione che il treno di metà pomeriggio, che prima mi porta a Firenze, con un velocerrimo Freccia Rossa, e da lì mi porta in provincia con un lumacherrimo localazzo che si fa tutte le stazioni, comprese alcune che manco al tempo del mitico West e della colonizzazione delle terre indiane. Ma tant’è, così è se vi pare. Risultato: Milano – Firenze, 300 Km con tanto di appennini, in poco più di due ore (per un totale di €52 e rotti); Firenze – Capoluogo di provincia nella bassa toscana, 140 Km tendenzialmente stabili, in tre ore e mezza (per un totale di €10 ma una quantità di moccoli notevolissima).
La chicca è all’arrivo a Firenze. Con qualche minuto d’anticipo mi organizzo, ripongo nella borsa libri, carica batterie e ammennicoli vari e mi appropinquo verso l’uscita, seguito in poco tempo da tutti coloro la cui destinazione è la città toscana. In breve si forma una simpatica fila fatta di più o meno maturi ed adiposi uomini di mezza età, tendenzialmente d’affari; di più o meno giovani donne meno adipose ma egualmente d’affari; e da una schiera eterogenea di probabili sfigati – come il sottoscritto – che non avendo trovato alternative per il ritorno a casa, si sono trovati costretti a svenarsi per salire sul gioiello di FF. SS.
Tra tutti una giovane donna di chiara ascendenza nordica, plausibilmente collocabile tra la bergamasca e il bresciano, che già in vista della novella stazione inizia una conversazione telefonica, col probabile fidanzato, amato o amante. O chi per lui.
“Si, sto arrivando. No, non so a che binario.. no, non so se al 4” inizia a berciare al telefono la fanciulla. “Scusate, sapete a che binario arriviamo?” ci chiede, con encomiabile gusto del ridicolo. “No, non lo sanno…. vabbé, pazienza, vuol dire che vengo io verso il binario 4, ti vengo incontro…”.
Ebbene sì, evidentemente ci sono luoghi dove non si conoscono o non si sanno utilizzare i tabelloni degli arrivi e delle partenze…. e poi ci si stupisce di come vanno le cose…
Arcidosso, provincia di Grosseto. Zona di montagna, area economicamente depressa. Se perdi il lavoro hai 3 scelte reali, oltre alla solita italiana (essere amico di qualcuno che ti aiuta ad entrare in qualche situazione para-pubblica a calci nel culo):
lavorare nei cantieri;
lavorare in campagna;
emigrare.
Arcidosso, Istituto Professionale “Leonardo Da Vinci”. Una scuola di montagna, non tanto grande ma coi problemi dei grandi: molti ragazzi con disagio, parecchi stranieri arrivati da poco o da pochissimo. Un corpo docenti compatto e una dirigenza il cui scopo principale è far crescere gli studenti. Classi non tanto grandi, molti progetti, la possibilità di insegnare e studiare come si deve.
Tutte cose che non vanno bene nella nuova strabiliante riforma di Mary Star, il reggimoccolo del capo del governo, il boscaiolo tremebondo Tremonti.
Infatti quest’anno arrivano le grandi novità: se con lo stesso numero di ragazzi l’anno scorso si facevano due classi, con la “riforma” quest’anno diventano una di 32 ragazzi, di cui 4 diversamente abili (e un solo insegnante di sostegno per area), 10 stranieri di 6 nazionalità diverse.
E la didattica? ‘Fanculo la didattica, questi sono asini del professionale, sono animali, mica ragazzi. Devono sucarsi quel che dice il Capo, stare zitti e buoni, imparare un mestiere il più possibile ignorante e disumano, imparare a lavorare ed obbedire, e che non rompano tanto i coglioni.
Quest’anno su 40.000 insegnanti che sono usciti dalla scuola tra pensioni e pre-pensionamenti, ne sono entrati 17.000. Il sostegno è stato ridotto di 1/3. Siamo penultimi tra i paesi OCSE per percentuale del PIL dato all’istruzione (dietro di noi solo la Slovacchia, ma è una nazione nuova e povera, ci supererà presto).
Morale della favola? Se hai i soldi vai nelle scuola private – le uniche ad aver ricevuto finanziamenti statali; se non li hai, fatti il mazzo, pedala, altrimenti – come ha detto l’altro ieri Tremonti, c’è sempre l’emigrazione…
Il tutto nell’assordante silenzio dell’opposizione (stavo per dire “sinistra”, ma il buon gusto mi ha fermato…).