Centro Sociale Cox 18

Leggo su Carmilla on line che stamani alle 7 la polizia ha iniziato lo sgombero del Centro Sociale Cox 18 di Milano, Concetta per tutti.

Personalmente sono senza parole, basito, esterefatto.

Cox 18, innanzi tutto, è la mia storia personale, uno dei luoghi dove ho passato tra i momenti migliori della mia vita.

E’ stato il luogo dove si passava alla fine dei sabato sera, dopo aver
girato per tutti gli altri centri, perché era quello che chiudeva dopo
tutti (quando chiudeva); è stato il luogo dove ho scoperto l’editoria
di movimento, grazie alla libreria Calusca. E’ stato il luogo,
soprattutto, innanzi tutto, ho avuto il privilegio, enorme, di
conoscere e poter frequentare quell’enorme persona, quel maestro, che è
stato Primo Moroni. E stato per parecchio tempo l’argomento della mia tesi di laurea, giusto 11 anni fa.

Cox 18 è stato tante cose, troppe per enumerarle tutte. Se uso e lavoro quotidianamente con GNU/Linux
è perché un giorno, mentre andavo in Conchetta per lavorare alla mia
tesi, nell’ormai lontano 1998, venni coinvolto in una "Linux Install
Fest", orgnizzata da quei matti meravigliosi della Shake; il posto che, per primo, portò Richard M. Stallman in Italia.

Cox 18 è lo spazio che ospita l’Archivio Primo Moroni, dove sono raccolti l’enorme mole di documenti di Primo, un patrimonio culturale inestimabile.

Cox 18 è un luogo di cultura, importante, come pochi nel nostro paese, figurarsi in una città di merda come Milano.

Non ho parole, se penso che sta succedendo, mi viene da piangere, veramente.

L’unica cosa che mi viene da dire, da pensare, è vendetta. Odio. Fuoco
su di loro, sulla loro vita di merda, sul loro ordine di merda.

Che paghino del deserto che stanno facendo di questo
paese, che paghino amaramente quanto stanno uccidendo, che sappiano che
nulla resterà impunito.

Pagherete caro, pegherete tutto.

“Ragazzi scusateci tanto per avervi consegnato un mondo così”

Quella del titolo è una scritta, dice il manifesto di oggi, che si legge su un muro del quartiere Exarchia di Atene, in Grecia. Il quartiere dove una settimana fa la polizia ha ucciso un ragazzo di 15 anni, Andreas Grigoropoulos.

Una scritta lasciata da una maestra, si legge sul "quotidiano comunista". Una maestra, immagino, di una certa età, sicuramente non una giovane maestra a cui Kossiga sarebbe piaciuto veder tirare mazzate da parte della polizia.

Dopo una settimana di letture la cosa mi ha fatto pensare, mi ha portato a fare i conti col tempo che è passato e a fare un bilancio, iniziale, di questi anni. Con risultati quanto meno scadenti…

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Marcello Baraghini fa marcia indietro

Scopriamo con gioia che oggi Marcello Baraghini ha deciso di tornare sui suoi passi e di non presenziare all’iniziativa del 10 dicembre a Casa Pound.

Baraghini ha dichiarato di essere stato costretto a rinunciare dalla
"levata di scudi" che avrebbe pregiudicato l’esistenza della stessa
casa editrice. Ci complimentiamo con le molte persone che in questi
tempi bui hanno pensato che levare gli scudi valga ancora a qualcosa e
ringraziamo tutte le firmatarie e i firmatari della lettera aperta.
A volte si può restare sorpresi anche nelle epoche più cupe. Ci
auguriamo che, oltre a fare marcia indietro, Baraghini rifletta su
quanto è accaduto e capisca che se lui oggi si sente "un po’ meno
libero", di questi tempi chiunque nutra idee alternative, propagandate
anche dalla sua casa editrice, si sente molto poco libero di fronte al
dilagare dei picchiatori fascisti, più o meno travestiti da bei giovani
avvenenti.

Lettera aperta a Marcello Baraghini: Stampa Alternativa nella tana del Lupo

È prevista per il 10 dicembre la partecipazione di Marcello Baraghini,
storico editore di Stampa Alternativa, a una serata nel centro sociale
nazifascista Casa Pound.

Non riusciamo proprio a tacere. Per aderire firmando segui questo link.

Questa non è una pipa. (René Magritte, 1948)

Questi non sono picchiatori nazifascisti, ma interlocutori credibili. (Marcello Baraghini?, 2008)

 

Caro Baraghini,
è inverno, nevica e abbiamo deciso di raccontarti una storia.
C’era una volta Cappuccetto Rosso, che andò nel bosco, incontrò il
lupo, gli disse dove abitava la nonna e lui per tutto ringraziamento si
pappò la nonna in questione con tutta la cuffia, la camicia da notte e
gli occhiali. Il lupo, è evidente, è un vero stronzo. Anzi no: il lupo
è un lupo. Non è lecito, non è intelligente, non è possibile aspettarsi
che si comporti da farfalla.
Ora, andando a vedere bene, il lupo potrebbe pure essere un ragazzone
charmant e piuttosto brillante (d’altronde Cappuccetto Rosso se l’è
intortata mica male), ma alla fine purtroppo c’è sempre quel finale
sgradevole: il lupo è lupo, e alla fine la nonna se la pappa.
Se vogliamo trovare il taglio sociologico, possiamo pure arrivare a
dire che il lupo ha avuto un’infanzia difficile, che sua mamma l’ha
abbandonato, che forse ha bisogno di affetto.
Sia quel che sia, alla fine la nonna se la pappa.
Va detto che il lupo è anche un ecologista convinto, che gli fa onore
l’impegno per la difesa del bosco in cui vive e che a volte, a
primavera, è stato visto intrecciare deliziose collane di fiori.
Ma sia quel che sia, alla fine la nonna se la pappa.
Insomma, se sei una nonna, puoi trovare un sacco di cose che ti
attraggono nel lupo, ma – forse – non è comunque una frequentazione
apprezzabile. I lupi delle favole, caro Baraghini, possono presentarsi
bene, essere molto intellettuali, dichiararsi disponibili al confronto,
mostrarsi affascinanti e avere grandi baffi che gli nascondono le
zanne, ma lupi sono e lupi restano. Sempre.
I lupi delle favole sbranano, prevaricano, disprezzano i deboli, gli
emarginati, i diversi, gli alternativi. Magari prima li seducono, ma
poi, prima o poi, inevitabilmente rispuntano le zanne. Esattamente come
i nazifascisti.
Vedi, caro Baraghini, noi lo capiamo che Casa Pound è un luogo che può
scatenare curiosità. Lo capiamo che il primo impatto non è la
marionetta del naziskin cerebroleso che non ha altre possibilità
dialettiche se non quelle consentite dai palmi delle sue mani o dalle
nocche dei suoi pugni: ma sotto sotto, e nemmeno troppo sotto, c’è il
solito vecchio lupo che alla fine la nonna se la pappa, anche stavolta.

Con i lupi, Baraghini caro, non si flirta. E non perché si abbia paura
della dialettica (noi? Andiamo!), non perché non ci si possa sporcare
le mani, non perché non si debba avere il coraggio del confronto con
chi è diverso da noi, ma semplicemente perché la tua presenza – non la
tua presenza personale, ché quella sarebbe cosa tua, ma la tua presenza
pubblica di editore, pubblicizzata e rivendicata fino allo stremo − dà
valore a un luogo di disvalori. Perché Casa Pound parlerà anche di
mutui sostenibili, di antiglobalizzazione, di banche vampiro: ma dopo
compaiono le zanne. La gente di Casa Pound è quella che pesta i
ragazzini in piazza Navona, è la destra nazifascista che nega la
libertà di interrompere volontariamente una gravidanza, che riscrive la
storia, che disprezza gli stranieri e che ospita entusiasticamente
concerti che celebrano a suon di saluti romani tutta la solita feccia
del ventennio applicandola all’oggi. Magari fossero solo quattro
nostalgici! Purtroppo sono fin troppo attivi sull’oggi, e dietro ai
sorrisi e agli incontri culturali le zanne ben affilate sono quelle di
sempre. Se sono riusciti a intortarsi te, pensa come si intortano gli
altri. Non permettere loro di fare altra strada camminando anche sulle
tue gambe, grazie anche alla tua storia (che, se non fosse a sua volta
parte della nostra, non ci troverebbe qui a cercare di farci
ascoltare), alla tua fama e alla tua cultura. Un lupo è sempre un lupo,
Marcello: e tu non fare Cappuccetto Rosso. Sii piuttosto Alice che
guarda dietro le parole, o meglio ancora sii quello che a lungo sei
stato: il bambino nel corteo del re che grida da sempre che il re è
nudo.

Post scriptum: L’idea della pipa di Magritte viene da un recente
volantino dell’Avamposto degli Incompatibili di Viterbo e dello Spazio
di documentazione il Grimaldello di Genova riguardante la sentenza Diaz
e ci sembra una delle idee che meglio rendono la lontananza tra realtà
e racconto della medesima. Lontananza che oggi sembra dilagare senza
controllo. Grazie.

Primi firmatari:

Andrea Baglioni – lettore
Ilic Barocci – lettore
Chiara Battocchio – lettrice
Francesco Bellissimo – lettore
Blackswift – collettivo di scrittori
blicero – lettore
Piero Budinich – traduttore editoriale
Layla Buzzi – liutaia
Daniela Cabrera –  Freelance Translator, Member of Translators for Peace – Fontenay-aux-Roses, Francia
Antonio Caronia – Accademia di Brera – Milano
Sara Cecere – traduttrice
Flavia Cerrone – traduttrice freelance
Luisa Doplicher – traduttrice editoriale
Alfredo Fagni – lettore – Livorno
Raffaella Fort – lettrice – Trieste
Carlo Frinolli – art director nois3lab – Roma
Valentina Furnari – traduttrice freelance – Milano
Valeria Galassi – lettrice – Milano
Istituto Ernesto de Martino – Centro di ricerca sul mondo popolare e
proletario – S. Fiorentino (Fi)
killer – lettore
Martino Lo Bue – lettore – Fontenay-aux-Roses, Francia
Fiamma Lolli – traduttrice editoriale
Alessandro Lubello – redazione Internazionale – Roma
Antonio Menegotto – lettore – Padova
Floriana Pagano – traduttrice editoriale
Marina Pagliuzza – lettrice – Milano
Chiara Pazienti – traduttrice freelance – Roma
Marco Philopat – scrittore
pinna – lettore
Brunella Pinto – Precaria
Federico Prando – lettore – Milano
Arlette Remondi – lettrice – Trieste
Oscar  Romagnone – Traduttore Freelance
sens.it – artista
Roberta Amal Serena – lettrice – Roma
uomonero – lettore
Giuseppina Vecchia – traduttrice
Franco Vite – lettore – Cinigiano (Gr)

La triste fine di un grande editore

E’ triste, per me, dover dare l’addio a quello che per tanti anni è stato qualcosa di simile ad un mito: Marcello Baraghini.

Ero giovane, 25 anni fa, quando studente delle superiori mi leggevo i suoi 1000 lire in metropolitana, mentre andavo a scuola. E’ con lui che ho conosciuto l’anarchia, Boris Vian, il jazz e tante altre cose che amo ancora oggi.

Poi, un paio di anni fa, la svolta: invito Marcello all’Hackmeeting di Pisa, per presentare i suoi "Bianciardini", gli eredi dei 1000 lire, ma a 1 centesimo e liberamente scaricabili dalla rete.

L’incontro ad hackit fallì, ma non il rapporto, tanto che per un tot di mesi ci si incontrò spesso e si mise su una serie di progetti, per la mia gioia.

Poi….

Poi Marcello, probabilmente per farsi pubblicità, decise di pubblicare sul blog di Ettore Bianciardi, figlio di Luciano e suo complice nell’idea e nella progettazione dei bianciardini, un post in cui non solo spiegava, ma pure rivendicava la sua partecipazione alla fiera del libro di Torino dedicata alla nascita dello Stato di Israele.

In molti, sul blog, criticammo questa scelta, sottolineando che una cosa è, giustamente, conoscere e studiare e apprezzare parte della cultura israeliana (ed ebraica in generale), altra cosa festeggiare la nascita di uno Stato che ha significato l’esilio di milioni di palestinesi e la morte di centinaia di migliaia.

Anche il sottoscritto attaccò, penso civilmente, quella scelta e da quel giorno non ebbi più il piacere di sentire Marcello (ed Ettore). Mai più. Fine dell’amicizia, fine dei progetti, fine di tutto. Di punto in bianco, senza una spiegazione, senza una telefonata, nulla.

Vabbuò, ognuno fa quel cazzo che gli pare, pensai, e proseguii per la mia strada. Fino a qualche settimana fa quando, sempre sul blog di Ettore leggo l’ennesima "provocazione" di Marcello:

"rivendicare la libertà di poter parlare liberamente di Luciano
Bianciardi e  di quello che facciamo io e Ettore, anche a Casa Pound,
ammesso e non concesso che  ci invitino e che ci sia garantita libertà
di parola e di idea".

In molti tentammo di far ragionare Marcello, ricordandogli chi sono e cosa fanno la feccia di Casa Pound (si era a pochi giorni dall’aggressione agli studenti di Roma in P.zza Navona), ma nulla.

Così si arriva ad oggi:

"Non scherzavo affatto, quando ho dichiarato  che per parlare di
Bianciardi, del Bianciardi che amo e che è l’ispiratore dei miei
quarant’anni di editoria, sarei andato volentieri da chiunque mi avesse
invitato e mi avesse garantito la libertà di espressione, anche a Casa
Pound.
E quelli di Casa Pound l’hanno saputo e, puntuali come un orologio
svizzero, ieri mi hanno invitato. Ci andrò? E che editore
all’incontrario sarei se non ci andassi, se rifiutassi l’invito o
confessassi di aver solo scherzato? E quindi mercoledì 10 dicembre,
alle ore 21, sarò ospite di Casa Pound a Roma, in via Napoleone III, 8".

Per quel che mi riguarda è la, triste, fine di un percorso iniziato almeno 25 anni fa.

Non posso accettare di condividere un percorso culturale e politico con chi legittima le merde fasciste di Casa Pound. Tanto meno quando lo si fa in un ambito di marketing da 2 lire, pur di avere visibilità e chiacchiere su di se e la propria casa editrice. Se questo è il livello raggiunto da Marcello e da Stampa Alternativa, allora meglio che chiuda, almeno ci rimarrà il bel ricordo di un glorioso passato.

Addio.

A gamba tesa: Sergio Bologna sull’Onda

Quando Sergio Bologna parla, ci si ferma e si ascolta. Con attenzione.

Ecco perciò che "rubo" un articolo di Sergio a Nazioneindiana, ringraziandoli 🙂

Toxic asset – toxic learning

di Sergio Bologna

Nello spirito del ’68 – senza nostalgie nè tormentoni
(dopo un incontro all’Università di Siena, organizzato dal Centro
‘Franco Fortini’ nella Facoltà di Lettere occupata, il 6 novembre 2008)

State vivendo un’esperienza eccezionale, l’esperienza di una crisi
economica che nemmeno i vostri genitori e forse nemmeno i vostri nonni
hanno mai conosciuto. Un’esperienza dura, drammatica, dovete cercare di
approfittarne, di cavarne insegnamenti che vi consentano di non
restarvi schiacciati, travolti. Non avete chi ve ne può parlare con
cognizione diretta, i vostri docenti stessi la crisi precedente, quella
del 1929, l’hanno studiata sui libri, come si studia la storia della
Rivoluzione Francese o della Prima Guerra Mondiale.
Ho letto che l’Ufficio di statistica del lavoro degli Stati Uniti
prevede che nel 2009 un quarto dei lavoratori americani perderà il
posto.
Qui da noi tira ancora un’aria da “tutto va ben, madama la marchesa”,
si parla di recessione, sì, ma con un orizzonte temporale limitato, nel
2010 dovrebbe già andar meglio e la ripresa del prossimo ciclo
iniziare. Spero che sia così, ma mi fido poco delle loro prognosi.

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La legge è uguale per tutti

Quella è la frase che leggiamo tutte le volte che entriamo in un
tribunale, o che vediamo alla televisione quando passano immagini di tribunale.

Non
ci dovrebbe essere bisogno di spiegare che è una balla. Qualsiasi
persona dotata di un minimo di intelligenza critica dovrebbe sapere,
probabilmente per averlo provato sulla propria pelle, che la legge è
uguale per tutti, ma c’è chi è più uguale degli altri.

Onestamente
non ho voglia di fare esempi, ché per me è finito il tempo della
pedagogia, non ne ho più voglia. Ma dovrebbe bastare dire "Porto
Marghera" , "Amianto", "Diossina", "Camorra", "Mafia", "Piazza
Fontana", "Piazza della Loggia", "Italicus", e bla bla bla.

Da ieri sera abbiamo un altro nome da mettere tra "", ed è "Scuola Diaz".

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Ciao Carletto

Se ne è andato il compagno Marco Melotti, "Karletto", come lo conoscevo da anni sulle liste di movimento.

Un grande compagno, animatore della rivista Vis-a-vis Quaderni per l’autonomia di classe, militante del ’77 italiano, del movimento negli anni bui della repressione, nelle prime reti telematiche e poi su internet. Sempre curioso e disponibile, attento e intelligente, i suoi articoli e le sue riflessioni hanno segnato la maturazione del movimento da che ne ho memoria.

Ci mancherà, soprattutto ora che avremmo tanto bisogno di compagni intelligenti e preparati come era lui.

Ciao Karletto.

Ciao Mario

Pochi giorni fa se ne è andato una dei grandi del jazz italiano, sicuramente uno degli ultimi, Mario Schiano.

Grazie a lui già nei primi anni ’60 anche in Italia (e in Europa) si iniziò a suonare quella roba strana e fuori dalla norma che si chiamava "Free Jazz", quando ancora da noi il jazz era sinonimo di balera o poco più.

Mario, però, non era solo un grande musicista, ma anche un compagno. Lo voglio ricordare con le parole di Luigi Onori sul manifesto dell’11 maggio:

 

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Il 5X1000 a Supporto Legale

Se hai la sventura di dover pagare le tasse, allora dai il tuo 5X1000 a Supporto Legale, il pool di legali e volontari che seguono i processi relativi alle manifestazioni contro il G8 di Genova del 2001, e non solo.

Come?

"Per destinare il 5×1000 a Supportolegale firmate nel primo riquadro
("Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale,
delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni
riconosciute") e scrivete questo codice fiscale: 08405940019 –
destinatario: Associazione Culturale dei Ciompi".