Una lezione a tant* compagn*

Qualche giorno fa mi capita di leggere "il manifesto", che dalla vicenda Caruso ho smesso di comprare per raggiunto livello di schifo, e scorgo l'articolo di uno dei mie amati personaggi: Ivan Della Mea

In questo articolo, che riporto interamente qui sotto, Ivan dimostra quanto sia importante ragionare e come alcune cose che oggi paiono ovvie, banali, se invece fossero fatte ragionandoci "politicamente" cambierebbero completamente di senso.

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Essere vittime non giustifica l’ignoranza

Ieri era il 27esimo anniversario della strage di Bologna, e come al solito si sono succeduti sul palco le varie ipocrite "personalità istituzionali" (cioè gli eredi, e complici morali, dei mandanti della strage stessa). Accanto a questi, e la cosa già dovrebbe fare ragionare – a me fa pure un po' impressione – c'era pure il presidente dell' "ASSOCIAZIONE TRA I FAMILIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE ALLA STAZIONE DI BOLOGNA DEL 2 AGOSTO 1980", Paolo Bolognesi.

Questi, invece di mandare a fare il culo quelli che dovrebbero togliere il segreto di stato sulle informative dei servizi e che dovrebbero andare a far parlare chi sa, si è messo a delirare sugli "amici dei terroristi in parlamento", e parlando pure su Radio24 di Sergio D'Elia s'è scagliato contro chi permette ai "terroristi" di stare in Parlamento.

Ora, vediamo di fare un po' di chiarezza, in tutti sti vaneggiamenti:

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6 anni

Un ricordo di Carlo, mi avete chiesto. Io che di ricordi ne ho un mare, in realtà ho paura di aprire la finestra, di guardare dentro, di scegliere. Fa troppo male, potrei affogare. Vorrei che fosse lui a parlare. Ecco: vi mando le sue parole, scritte in un giorno lontano. La guerra non era ancora preventiva ma già veniva gabellata per umanitaria. E lui la commenta così, alla Abatantuono (in Mediterraneo, se non ricordo male).

Haidi Giuliani
 
1999 X  MAMMA

Parole suadenti

si ripetono insistenti

nella mente.

E la gente

che s’affolla, non sente

le urla del penitente.

Uno sprazzo di luce si riflette

e illumina l’ambiente

circostante.

Spruzzi di coscienza

nel clima angosciante

della guerra.

E meno male che c’è l’Occidente!

“Minchia, signor tenente.”

Bambini spensierati

giocano contenti,

e fanno capriole sul cemento.

Fermiamoci un momento

a osservarli,

a capire il loro divertimento:

forse non sanno del giuramento

e neppure delle stelle

e del firmamento.

Hanno un solo sentimento:

ridere,

e non pensare al turbamento

delle bombe,

a quegli spari che tanto

male hanno portato.

Ecco che si alza un canto,

chissà se arriva in cielo

sospinto,

pian piano,

dal vento.

Dugento anni, passati inutilmente

[…] 

«Frattanto noi chiamiamo pomposamente virtù tutte quelle azioni che giovano alla sicurezza di chi comanda e alla paura di chi serve. I governi impongono giustizia: ma potrebbero eglino imporla se per regnare non l'avessero prima violata? Chi ha derubato per ambizione le intere province, manda solennemente alle forche chi per fame invola del pane».

[…]

«E perché l'umana schiatta non trova né felicità né giustizia sopra la terra, crea gli Dei protettori della debolezza e cerca premj futuri del pianto presente. Ma gli Dei si vestirono in tutti i secoli delle armi de' conquistatori: e opprimono le genti con le passioni, i furori, e le astuzie di chi vuole regnare».

Ugo (Niccolò) Foscolo, "Lettera da Ventimiglia" in "Ultime lettere di Jacopo Ortis (1798 – 1817) 

Spirito di appartenenza

Leggo su alcuni quotidiani di oggi delle dichiarazioni di un funzionario di polizia sull'assalto alla scuola Diaz del luglio 2001 e relativo massacro. Il signor Fournier è il primo poliziotto che racconta ciò che sono 6 anni che viene raccontato dagli altri meno fortunati protagonisti di quella notte:

non manifestanti già feriti a terra, ma veri e propri pestaggi ancora in atto; «Arrivato al primo piano dell'istituto – ha detto Fournier – ho trovato in atto delle colluttazioni. Quattro poliziotti, due con cintura bianca e gli altri in borghese stavano infierendo su manifestanti inermi a terra. Sembrava una macelleria messicana» (dal Corriere di oggi, ma più o meno le stesse cose anche su Repubblica e Unità, la Stampa).

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Semplicemente compagni

E' il commento che mi è salito spontaneamente alle labbra dopo aver letto l'articolo di Guido Ambrosino sul Manifesto di ieri (stanno esagerando: con una pausa l'altro ieri, in cui hanno tirato fuori un vecchio caro giornale inutile, sono giorni che i compagni del Manifesto sono tornati a fare qualcosa che si può leggere. Chi sarà andato in ferie…) sul "blocco nero".

La cosa che mi fa ridere, però, è che si parla di quelle posizioni come se fossero cose mai viste qui da noi, quando invece non è assolutamente così (fin dagli anni '70; ma anche coi punx degli anni '80, e con molta "autonomia" degli anni '90 e poi con gli "orizzontali" nei dintorni di Genova 2001).

Ma tanté …

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Minchia, il Manifesto!!

Da non credersi: dopo anni di coma (almeno 11), possiamo annunciare commossi il (parziale? momentaneo, temo…) riemergere dal sonno (della ragione?) del Compagno "il Manifesto, quotidiano comunista".

Sul giornale di ieri, infatti, sono usciti non uno, non due bensì, tenetevi stretti e i deboli di cuore si seggano,  TRE articoli belli!!

Non "carini", "interessanti" o "simpatici"; non il solito corsivo meraviglioso di Robecchi; non la solita straordinaria vignetta di Vauro. Nulla di tutto ciò: proprio tre articoli, di cui due nella cronaca politica (ve l'avevo detto di sedervi…), e uno nelle pagine della cultura. 

Visto l'evento straordinario, mi sembra ad uopo riportarli nella loro intierezza, sì da poterli rileggere nei prossimi anni (la memoria, si sa, è fallace; e quando racconterò a mio figlio che "il Manifesto" era un quotidiano che scriveva articoli belli, avrò anche qualche prova, e non solo i deliri di un ottuagenario rincoglionito).

Partiamo (in ordine crescente di qualità, a mio modestissimo avviso):

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